Noi facciamo ormai parte dei ritardatari, qui nel mio Sud sulla spiaggia del Tirreno, con la coda dell’occhio contiamo i villeggianti superstiti in attesa di rientrare in città, qualcuno si ostina a fare il bagno e si guarda attorno come un delfino smarrito che non fa più i balzi, io no, cammino sulla sabbia e annoto se sotto la barca capovolta che giace abbandonata dagli anni scorsi ci sia ancora quel calzino spaiato qui rifugiatosi non so come, se ancora resistono per il caldo torrido quei tre cespugli, su cui si ostinano ad appiccicarsi le lumache bavose ( dette nel reggino i vavalaci) che io un giorno adoperavo come esca per la pesca dalla riva con la lenza ( per prendere i polipi era meglio adescarli con una penna di gallina attaccata all’amo); cespugli detto tra noi in cui io curioso vado spiando dopo averli cautamente allargati con le mani (uno dei quali ospita tra l’altro un biberon caduto lì da una mano di giovane mamma distratta che lo ha poi affannosamente cercato senza trovarlo sicché il piccolo ha dovuto saltare la poppata e quindi ha strillato disperatamente a lungo disturbando i bagnanti e facendo abbaiare qualche cane) ; cespugli, preciso inoltre per amore di notarile annotazione che un di potrebbe servirmi per ancorarvi i ricordi, vicini a un enorme masso, residuo di un pezzo di scoglio semisotterrato.
Mi chiedo inoltre sospettoso – muovendo un po’ affannato i passi sul pietrisco con gli zoccoli ai piedi che ogni tanto si piegano provocandomi accenni di storte – se il mare mi stia guardando, inarcando le ciglia, obliquo, anzi storto, esortandomi sotto sotto a tagliare la corda anch’io ché non è più ora ed è meglio tornarmene a Roma a fare il cittadino colto in via Cola di Rienzo; e ancora, un po’ più placato, se sia garbato salutare, come di consuetudine, qualcuno tra i tanti destinato anche d’inverno a dimorare nella zona semideserta perché non ha casa altrove osservando sconsolato i cavalloni che si susseguono senza tregua e lo ignorano completamente e lui già sogna la prossima estate, quando torneranno i turisti, tra cui me, che aspetta come linfa un po’ fastidiosa ma sicuramente rigenerante perché spezza il suo isolamento.
Beh ho deciso, faccio tra me e me, fra una settimana rientro anch’io in città, taglio la corda, prima che il mitico e imprevedibile Tirreno s’arrabbi per davvero e mi spazzi via con una delle sue onde lunghe traditrici, un piccolo tsunami magari venuto da Stromboli, l’isola vulcano che ho di fronte con in cima il suo perenne e ammonitore pennacchio di fumo.
Villeggianti in partenza
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