Un salto nella religione Ugro-Finnica

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In quanto membro dei comitati scientifico e di redazione della rivista Il Polo dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, vorrei portarvi con questo mio breve articolo all’interno del mondo Ugro-Finnico, delle loro credenze e della loro visione del mondo. Ma chi sono questi Ugro-Finnici? Dal punto di vista meramente linguistico sono un gruppo diffuso soprattutto nell’Europa orientale e settentrionale, facente parte della famiglia delle lingue uraliche assieme alle lingue samoiede. Lo status del gruppo ugrofinnico come sottofamiglia delle uraliche, in passato accettato universalmente e basato su criteri formulati nel XIX secolo, è stato criticato da alcuni linguisti contemporanei come Tapani Salminen e Ante Aikio, che ritengono inaccurato e fuorviante. Le tre lingue uraliche più parlate, ungherese, finlandese ed estone, sono tutte incluse nel gruppo ugrofinnico, sebbene le radici linguistiche comuni ad entrambi i rami dell’albero delle lingue ugrofinniche, cioè il finnopermico e l’ugrico, siano distanti. Talvolta, il termine “ugrofinnico” è usato come sinonimo del termine “uralico”, che comprende le lingue samoiede, fatto comune quando una famiglia linguistica si espande con nuove scoperte. In soldoni tale gruppo è costituito da tutte quelle popolazioni di origine uralica. Ma quale concezione religiosa, della vita ultraterrena e del male, ha tale gruppo etnico-culturale?
Il male, diretta conseguenza dei timori quotidiani, provocati dalla natura spesso ostile e misteriosa, mentre il bene si presenta come una sorta di aspirazione costante e raggiungibile. Essi costituirono in area sciamanica urgofinnica le due parti della stessa medaglia dell’esistenza umana, caratterizzata per sua natura da una continua alternanza di vicende negative e positive, attraverso le quali si osserva la realtà. Nella concezione sciamanica ti tali zone geografiche il male e il bene sono complementari, non può esistere l’uno senza l’altro. Ciò è chiaramente attestato dai miti Urgofinni e Slavi, tra questi ricordiamo “il mito dell’uccello tuffatore”, il quale aiutò il demiurgo, nonostante lo ingannasse costantemente, a creare il mondo. Secondo l’immaginazione popolare derivante da tale mitologia, il male coinvolge l’intero cosmo, dalle divinità agli animali, passando per i morti nell’aldilà e i culti degli antenati. Anche le divinità e i defunti, proprio come i terreni, potevano avere sentimenti vendicativi. Come potete immaginare, in tale concezione, non mancavano sicuramente presenze ultraterrene del tutto maligne, che però potevano placarsi attraverso il rito. Le entità maligne più iconiche di tale mitologia sono certamente K’esej-Paz dei Mordvini o Hul-Ooter dei Voguli. Rilevanti sono anche Noemde-Kuruk-Kuguzà e Kuruk-Piambar. L’elenco potrebbe potenzialmente essere esteso a diverse pagine dedicate solo a tali spiriti del male che infestavano le notti degli ugrofinni. Kul era uno dei più potenti spiriti del male della mitologia dei Sirjeni e aveva molti servitori come ad esempio Kutis dei Votjachi, al quale in caso di epidemie si rivolgevano sacrifici collettivi accompagnati da riti sciamanici, oppure il crudele Rota dei Lapponi, re dell’inferno ove vanno le anime di chi ha vissuto perpetuando il male. Basandosi sulla distinzione tra lo spirito originario del bene e quello del male, secondo alcune interpretazioni il fratello minore del bene, gli Ugrofinni divisero gli sciamani buoni, vestiti di bianco, da quelli cattivi, vestiti di nero. Questa concezione è poi notoriamente stata ripresa da J. R. R. Tolkien nella trasformazione dei maghi da neri a grigi a bianchi, purificandosi con il cambio di colore. I maghi bianchi sono quelli più potenti e puri. Una sorta di purificazione dal male. Tornando a noi, secondo le tradizioni mordvine e ceremisse, tale ripartizione degli spiriti originava dal fatto che i buoni nacquero dallo sfregamento di due pietre ad opera di un dio creatore dell’universo, e il male nacque dal medesimo atto. Esiste però un’altra leggenda di origine mordviana, molto simile al mito del vaso di Pandora, secondo la quale gli Alganzeit, portatori di sciagure e malattie, furono anime di malfattori quando erano uomini in terra. Dopo la morte furono maledette dal creatore e costrette a continuare a vagare sulla terra.
In tale lettura mitologica, il male e il bene sono sempre complementari e l’uno non può fare a meno dell’altro, mentre gli uomini sono sospesi tra le due estremità.