Sacro e profano una dicotomia che accompagnerà le prossime feste.
Gli atteggiamenti verso queste ricorrenze non sono più univoci, si assiste ad un cambiamento di rotta rispetto alla tradizione in nome di un sincretismo disposto ad offrire più opportunità. Per alcuni sono lo svago tanto atteso dal solito tran tran lavorativo, per altri un richiamo ad immergersi in qualcosa di più intimo. Il patrimonio artistico ha lasciato immagini che hanno “parlato” al nostro mondo interiore, raccontato storie lontane sopravvissute agli stravolgimenti della vita, testimoni di una fede garante della nostra esistenza terrena. Le immagini della madre di Dio che partorisce il bambino salvatore dell’umanità sono chiamate a rappresentare i vari sentimenti provati da una donna nei confronti del figlio: dall’amore e dalla venerazione allo stazio, alla compassione, alla rassegnazione. L’immagine del sacro è l’immagine dell’invisibile, di ciò che non può essere rappresentato se non sotto forma di incarnazione pertanto l’icona diventa espressione di fede per eccellenza, la testimonianza del divino. Il profano che vi si avvicina la guarda come qualcosa di decorativo più che devozionale non avendo gli strumenti e le conoscenze adatte al fine di assegnarle il valore che essa racchiude. Essa è una preghiera, una speranza e una finestra che consente al fedele di contemplare il mondo soprannaturale. Quest’arte è esercitata sia da artisti che da artiste esperte di iconografia che hanno annullato nelle loro opere ogni riferimento individualistico a favore del soggetto e del mistero che appare in primo piano. La presenza femminile nell’arte dell’icona è di grande importanza, testimonianza che la celebrazione del sacro non è solo appannaggio maschile. In questo campo le artiste sono meno conosciute mentre esiste una preziosa produzione delle loro opere stupende che rappresentano un’arte che non finisce di meravigliare. Sono un segno del nostro tempo seppure appaia come espressione desueta di un’età trascorsa, mentre la sua luce rimane viva ancora oggi. Constatiamo amaramente come la bellezza abbandoni le chiese contemporanee che si trasformano in musei. Da oggetti di culto le icone diventano oggetti d’arte. Sviata dalla sua originaria dimensione l’icona ne acquista una maggiore: oltre le leggi, i concetti, le controversie e le divisioni la sua luce splende su tutti e per tutti. Pur conservando l’unicità della sua tradizione conosce innovazioni continue: qui consistono il suo enigma, la sua forza e la sua inesauribile ricchezza. Affrescatori, iconografi, miniaturisti celebrano nell’icona la bellezza divina, canale di grazia, finestra sull’eternità. È l’immagine di una vita interiore, di un regno da avere sempre nel cuore.
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Sacro e profano
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