Bellissima, fragile, con lo sguardo identico a quello che conosciamo attraverso le foto dell’ultracentenaria signora nata a Torino nel 1909, morta a Roma il 30 dicembre 2012, nominata a 102 anni senatore dopo aver ottenuto il Premio Nobel per la medicina nel 1986. L’epistolario-diario della bambina ebrea è stato riportato alla luce da Leonardo Coen e costituisce un’opera letteraria di altissima umanità. Si tratta di lettere in cui la bambina esprime la riconoscenza alla famiglia fiorentina di Ferruccio Galducci che la nascose in un piccolo appartamento in via Cavour in attesa che passasse la bufera scatenata da Giovanni Preziosi contro gli ebrei colpevoli di essere soltanto tali. Nell’appartamento in via Cavour avevano trovato ricetto tre bambine ebree “sotto le vesti” di cattoliche pugliesi in attesa di raggiungere la famiglia. Nelle lettere della bambina vibra l’interrogativo “Perché”. Perché per una bambina è un delitto essere ebrea con il rischio di essere deportata nei campi di sterminio? Il vestitino di Rita non è stato mai contraddistinto della stella infamante. Le tre bambine diverse non portavano la stella di Davide sull’abitino, non frequentavano le scuole, né amichette di razza superiore. Vivevano tutte insieme in una cameretta, in attesa di un sempre differito viaggio nelle Puglie per raggiungere la loro famiglia. Rita si domanda: “
Ma che cosa ho fatto di male? Perché non posso giocare e studiare con le altre bambine? Che colpa ho io se i miei genitori hanno sangue ebreo? Perché non posso frequentare la scuola e il parco delle Cascine come le altre bambine?”
Non potendo frequentare la scuola pubblica, la piccola si appaga delle lezioni che le impartisce la padrona di casa. Praticamente autodidatta, scolara abusiva in attesa di raggiungere la sua fantomatica famiglia nelle Puglie, la bambina sognava un futuro da maestra o da medico: futuro improbabile perché i sogni della piccola latitante si infrangono contro la sua gabbia di diversa. Per giocattoli aveva i libri. Il premio Nobel non sapeva che cosa fosse. La latitanza fiorentina della giovanetta fa maturare nel suo animo la vocazione per la medicina e quella soavità umanitaria che ha fatto della Montalcini una tra le donne più significative del Novecento. Le sue sono pagine terribili di una geniale ragazza vittima della difesa della razza.

Rita Levi Montalcini
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