Il pensiero di una Donna, Imprenditrice di successo e Presidente di Confederazione industriale, in rappresentanza a decine di migliaia di imprese nazionali.
Molto spesso mi chiedono cosa penso a proposito delle quote rosa, di quel numero di posti riservati alle donne nell’organico di determinate strutture pubbliche e private (imprese, istituzioni educative, organismi decisionali).
Di quelle misure che vengono introdotte per garantire la rappresentatività femminile in ogni settore della società.
Personalmente ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di imprenditori e, quindi, almeno nello step iniziale, non ho dovuto sgomitare per avere un buon posto di lavoro. Ma a parte l’opportunità iniziale mi sono impegnata moltissimo, insieme ai miei fratelli, per contribuire a mantenere la nostra azienda nel mercato da quasi 50 anni.
Quando mi sono affacciata nel mondo istituzionale, circa dodici anni fa, ho avuto la conferma che solo se ci si impegna, si studia e si ha costanza molto spesso si raggiungono obbiettivi importatati.
Parlare di quote rosa non può, a mio avviso, non tenere conto del nostro passato.
La storia, è un fatto contemporaneo.
Il femminismo è senza dubbio uno dei movimenti sociali più importanti del mondo moderno. La lotta che le donne hanno portato avanti per secoli a tutela dei loro diritti ha cambiato il mondo e continua a cambiarlo tutt’oggi.
Il 2 giugno 1946 nasce la Repubblica Italiana e quella fu l’occasione per la prima elezione nazionale a suffragio universale. Quel giorno le donne italiane si recarono a votare, trascinate da quel nuovo dovere che le fa partecipi integralmente della rinata democrazia a seguito della fine della 2 guerra mondiale. Oggi ci sembra impensabile, ma votare fu per le donne un’esperienza talmente nuova e unica e parliamo di poco più di 70 anni fa….
Nel 1963 il Parlamento italiano approva la legge che stabilisce la parità tra i sessi negli uffici pubblici e nelle professioni, tanto è vero che nel nostro Paese le prime giudici donne entrano in servizio solo nell’aprile del 1965.
Nel 1970 la legge storica sul divorzio è approvata in una seduta altrettanto storica: il divorzio in Italia è legge! La legge 898 del 01/12/70. La legge Fortuna- Baslini.
Il 18/05/78 il Senato approva in via definitiva la nuova legge sull’aborto, la famosa legge 194/78 che permette alle donne, nei casi previsti, di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Ma, ci sono dati del 2018 che evidenziano quanto l’obiezione di coscienza per motivi etici o religiosi è invocata da quasi il 70% dei ginecologi a livello nazionale e le percentuali superano l’80% nel sud italia. Ci sono intere regioni quindi dove l’aborto non viene praticato.
Concludo con un nome: Franca Viola, giovane donna siciliana, simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subito violenza, esempio per l’Italia intera. Questa giovane 17 enne fu la prima donna nel 1965 a rifiutare pubblicamente il matrimonio riparatore con il suo rapitore e violentatore, un accordo che nell’Italia degli anno 60 veniva ritenuto conveniente a tutte le parti in causa: al violentatore veniva evitata ogni sorta di imputazione, mentre alla vittima, ormai non più pura, veniva scongiurato il rischio di rimanere zitella. E del resto fa impressione pensare che soltanto quarant’anni fa in Italia rapire una donna, violentarla e poi dirsi disposti a sposarla era praticamente consentito dalla legge. Così come ucciderla se era venuta meno ai doveri di fedeltà coniugali. Quei due istituti di legge si chiamavano “matrimonio riparatore” e “delitto d’onore”. Articoli 544 e 587 del codice penale. A leggerlo oggi, il testo dell’articolo 587 sul delitto d’onore fa davvero paura: “chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onore suo e della famiglia è punito con la reclusione da 3 a 7 anni”. Nulla rispetto ai 21 anni che erano il minimo previsto per l’omicidio. Tra attenuanti, circostanze generiche e quant’altro, significava in sostanza farsi qualche mese di carcere e tornare a casa acclamato da amici e parenti per aver salvato l’onore.
In questi appena poco più di 70 anni di storia, le donne e quindi l’intera società ha fatto passi da gigante. Ma i diritti, come la democrazia, non sono una cosa che arriva per miracolo dalla sera alla mattina e non è che appena conquistati rimangono li per sempre. Come la democrazia, vanno curati, coltivati, protetti, attuati perché la politica ha grandi fragilità e se non te ne occupi ti svegli un giorno e quei diritti non ci sono più… Non dobbiamo mai abbassare la guardia.
QUOTE ROSA SI O NO?
Tornando alle quote rosa, alcuni le pensano necessarie per garantire la parità di genere; altri le reputano un’offesa alla donna perché sviliscono il suo ruolo, sminuiscono la donna che ha tutto il necessario per portare il suo valore.
Penso che quando rispondiamo a questa domanda dobbiamo ricordare la storia, anche solo quella manciata di anni che vanno dal 1946 al 1981 che ho voluto intenzionalmente ricordare. Probabilmente senza le quote rosa noi donne oggi non rivestiremo ancora ruoli importanti, forse le quote rosa sono state anche necessarie…..