QUEL DIALOGO SILENZIOSO

di


Ralph W. Emerson “Le tue azioni parlano così forte che non riesco a sentire quello che dici.”

L’altro giorno mi sono imbattuto in una situazione nuova e inaspettata.

Un distinto signore orientale stava correndo quando ha perso il cappellino attaccato in cintura.

In un modo poco ortodosso, ma efficace, ho richiamato la sua attenzione con un fischio da Camallo genovese. Lui si è voltato accennando un delicato sorriso nel tornare indietro. Ma prima di ricevere il cappellino dalle mie mani, a giusta distanza di rispetto spaziale, mi ha fatto un inchino di ringraziamento. Un inchino denso di dignità e gratitudine. Un inchino OJIGI.

Due forme di comunicazione non verbale. La mia più grezza – la sua più alta.

In quell’inchino distante dal nostro modus relazionale, ci ho visto un mondo dentro. Quell’inchino aveva una forza profonda e millenaria. Un senso di gratitudine che non avrebbe avuto miglior espressione con le parole, nonostante l’oggetto che brevemente ci ha unito non avesse valore intrinseco. Ma non importava…era la riconoscenza di un gesto, di un’attenzione rivoltagli. Di un atto d’educazione.

Quei pochi minuti di interazione racchiudevano una comunicazione molto empatica e penetrante.

Nonostante il non contatto fisico e l’inesistente scambio orale, quel movimento del corpo racchiudeva in sé un significato universalmente comprensibile.

Un dialogo silenzioso di connessione fra mondi seppur distanti, ma uniti da valori. Attenzione-Aiuto-Riconoscenza.

Ora, rinviando gli approfondimenti di quest’atto culturale, religioso e sociale agli scritti già preposti, strumentalizzerei l’episodio per una breve riflessione sulla forza del “non detto”. Sul suo valore positivo e non sul suo lato oscuro, che è ben altra storia.

La comunicazione non verbale positiva, ha la forza di abbattere barriere create da lingue, differenze, pregiudizi e così via; comunicando emozioni e significati che altrimenti non si potrebbero trasmettere così intensamente in modo eguale.

Tale “non detto” è una straordinaria e fortissima congiunzione relazionale e psicologica che può riflettere maggior autenticità comportamentale attraverso gesti immediatamente comprensibili; a differenza di un discorso la cui interpretazione può essere più fraintesa o resa fuorviante dalla capacità espressivo-oratoria, così come dalla capacità o meno d’ascolto e comprendonio, o peggio laddove pure manipolata. Ai professionisti addetti spetta lo sviluppo approfondito di questo spunto.

Gesti come ad esempio un abbraccio o un bacio (quest’ultimo soprattutto a seconda di dove lo si dà), trasmettono immediatamente intenzioni, che in certi casi non si possono nemmeno spiegare col verbo. Si pensi al bacio in fronte e alla sua gamma di significati profondi che vanno dalla tenerezza, all’affetto, alla protezione, al rispetto ecc.

Il linguaggio del corpo non mente; espressioni facciali, posizioni, movimenti involontari e incontrollabili possono tradire o esaltare molte emozioni umane a discapito delle parole.

I gesti di rispetto, concretando, creano connessioni, educano, abbattono barriere, armonizzano e rafforzano le relazioni fra popoli; ispirando coesione attraverso la fiducia nel prossimo e molto altro di estremamente significativo.

Senza trascurare il fatto che la struttura di una società sana è formata da comportamenti quotidiani di mutuo rispetto piccoli o grandi che siano, così come quei gesti fisici silenziosi, dalla stretta di mano all’abbraccio, sino all’inchino rappresentano: amistà, rispetto, gratitudine, considerazione, uguaglianza, inclusione e ossequio della multiculturalità.


Quindi, se è vero che i linguaggi verbale e fisico sono complementari; è vero, a mio avviso, che il linguaggio silenzioso fatto da gesti e atti concreti può sopravvivere da solo e raggiungere connessioni che il contrario, ovvero il linguaggio verbale forbito che però non dà seguito ad azioni, è incapace di fare.

Possiamo quindi estendere tutto quanto affrontato ad un ulteriore deriva dell’abuso dell’arte oratoria e della malgestione di questa capacità comunicativa assai delicata da maneggiare, in particolare se non seguono atti. Volendo dire che per il linguaggio silenzioso e non verbale bisogna avere emozioni ed empatia vera. E’ una comunicazione trasmissiva che necessita di profondità d’animo.

I nostri gesti e comportamenti concreti, sebbene muti, sono indicatori potenti delle nostre azioni e non solo delle intenzioni.

Faccio perciò poca fatica ad essere d’accordo con uno che ne sapeva, in proposito, un bel po’.

Si chiamava Aristotele.