La chiusura dell’anno scolastico può considerarsi il periodo più complesso dell’anno, non tanto per le incombenze burocratiche ma perché rappresenta la fine di un percorso insieme.
Sentimenti complessi e ambivalenti albergano nel cuore di un insegnante, gioia e tristezza specialmente l’ultimo anno che sia di scuola primaria, media o superiore, rappresenta sempre un distacco doloroso per gli alunni e i docenti.
Il rapporto che si crea è secondo solo a quello con la famiglia; frequentarsi ogni giorno per anni, condividere gioie e dolori, malattie, amori e piccoli segreti rende un insegnante parte integrante della vita di una persona.
La scuola è il luogo dove ci si prende cura del pensare: imparare a pensare è il compito che ogni docente dovrebbe offrire ai propri studenti per promuoverne la crescita personale.
Trasformare “chi pensa, in qualcuno, in una persona o personalità” (Arendt 2004) è questo il compito della scuola, coinvolgere e incuriosire gli alunni in esperienze significative che promuovono le loro potenzialità.
Lo sforzo che tutti i giorni un insegnante deve fare è quello di andare oltre la bellezza e la correttezza dell’attività proposta, vedere non tanto ciò che il bambino o il ragazzo ha prodotto quanto chi è diventato.
È importante che il docente sappia osservare, ascoltare, includere, incuriosire, coinvolgere, entusiasmare i propri alunni.
Bisogna recitarle le lezioni per fare breccia nella memoria degli studenti. Un’ora in classe non è molto diversa da un’ora di teatro dove passano parole, emozioni e sentimenti. Un insegnante recita con il suo corpo, la sua postura, cammina tra i banchi, siede tra gli stessi, non è un tutt’uno con la cattedra; anche il tono della voce che può modulare, alzandola o abbassandola, a seconda degli sguardi stanchi, annoiati o motivati ed entusiasti dei suoi alunni.
Insegnare è un’arte che va ben oltre la mera trasmissione di conoscenze ma è la capacità di suscitare emozioni e curiosità che distingue un insegnante straordinario.