“Allarme! Presentat-arm!
Mio figlio a colazione beve Lexotan
È nata un’altra stella, un’altra malattia
In fondo cosa vuoi che sia?
Allarme! Avanti march!
Hanno tagliato l’acqua col Flurazepam
Hanno ucciso le zanzare e sub-affittato il mare
Tutto sommato non c’è male”
(Linea 77, Oh!, 2015)
Piccoli Vannacci crescono. Già, dal momento che per la serie “le classifiche di fine anno sono ridicole ma quella delle baracconate può essere appetitosa”, si apprende, non senza raccapriccio, che il ministero della supposta istruzione ha riservato agli incolpevoli studenti italiani il seguente, soave bando (scadenza 28 febbraio 2025, transennate i server istituzionali!): “Concorso nazionale sul ruolo delle Forze armate e del Militare italiano”. Risparmierei ai già martoriati, eventuali lettori di queste righe i cinque temi proposti dal lugubre testo, tra cui brillano preziosi brocardi sulla “evoluzione del concetto di difesa della Patria” e sui soldati italiani come “difensori della libertà e della pace” in tutto il pianeta. I fantasiosi garzoncelli delle nostre scuole coi termosifoni rotti e, se va bene, i cessi alla turca con gli sciacquoni intasati, potranno documentare con temi, foto, video, podcast e altri ritrovati della comunicazione postindustriale la strenua resistenza con cui i nostri giovanottoni e giovanottone in divisa hanno impedito – profumatamente pagati per inutili missioni – che l’alleato criminale di guerra sbudellasse decine di migliaia di propri coetanei in quel che resta di Gaza, magari convocandoli in seduta spiritica. Certo che da quelle parti l’iniziativa “libro e moschetto” sarebbe un successone, visto che si iniziano a maneggiare gli AK47 quando si hanno ancora i denti da latte, mentre i nostri piccoli rimbambiti si lessano il cervello con l’ultimo modello di Playstation e le imbecillaggini di TikTok. Ma, va detto, negli ultimi anni i contatti tra scuola e Forze armate si erano già intensificati, ad esempio con strazianti percorsi di fitness militare nel quadro dell’altro capolavoro concettuale concepito dagli inconsapevoli battutisti che governano e hanno governato (?) questo paese: la cosiddetta alternanza scuola-lavoro (PCTO – Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, con raro spregio del ridicolo). Che sarebbe più corretto chiamare alternanza scuola-camposanto, visto il contributo garantito dalla meritoria iniziativa al tasso di mortalità giovanile: diciotto morti e quasi 300.000 infortuni documentati ufficialmente dal 2017 all’inizio del 2023, dopodiché i padroni del vapore sono riusciti abilmente a stornare i dati direttamente dalle statistiche aggregate dell’ISTAT per non impressionare mamma e papà e continuare a regalare un po’ di manodopera gratuita agli schiavisti evasori delle leggendarie PMI (il motore dell’Italia che produce), realizzando un miracolo pedagogico, ossia educare i giovani al caporalato con un salvadanaio di un paio di milioni l’anno per risarcire le famiglie di quelli che resteranno folgorati o schiacciati da una pressa e portarsi avanti col lavoro: «Fa impressione ed è scandaloso che il governo metta in conto il fatto che altri studenti possano morire durante il percorso di formazione. Al posto di prevenire o di rivalutare il processo, si preferisce prevedere un risarcimento per i decessi.» (Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale Rete degli Studenti Medi).
Sia chiaro, per quanto riguarda la trascurabile opinione dello scrivente, le scuole e le università italiane andrebbero chiuse con sobrietà stalinista stanotte stessa, oramai fabbriche di analfabeti funzionali le prime e di carriere per miracolati buoni a nulla le seconde, ed eventualmente sostituite dai collettivi teorizzati da Anton Makarenko (Poema Pedagogico, 1933-1935; Bandiere sulle torri, 1938): sarebbe un discreto deterrente per la classe dirigente più corrotta e incapace dell’ipocrita occidente industrializzato, incluso il lombrosario parlamentare; tuttavia, conviene tenere a mente almeno i ragazzini morti a causa delle dabbenaggini degli adulti, dopotutto la memoria è una facoltà che dimentica.
Insomma, dal partito-azienda alla scuola ancella dell’impresa e della difesa il passo è breve, e saranno fieri i nostri patrioti difensori della fede e della fiamma, questi borghesi col mitra sotto il cuscino e i fiori nei cannoni: «L’educazione civica – dice Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil – è stata molto curvata sull’idea della patria e sull’esaltazione di valori ormai obsoleti. Viviamo in un mondo globalizzato, e il primo valore della Costituzione è la pace, non la difesa.» (Massimiliano Di Giorgio, il venerdì, 6 dicembre 2024). I famosi valori degli esportatori della libertà e della pace, sempre col sangue degli altri, “Dio, Patria e Famiglia”: nell’ordine un amico immaginario, una retorica insopportabile e un micromondo disgregato e nevrastenico dalle tinte criminogene. E ora, come sembra, è arrivato il momento di militarizzare la scuola con gite e celebrazioni organizzate direttamente nelle camerate degli Alpini senza neanche passare per i collegi dei docenti: «Questo concorso è l’ultima di una lunga serie di iniziative per la promozione delle Forze Armate in classe […] Iniziative di cui spesso si sa poco.» (Antonio Mazzeo, autore del bellissimo libro La scuola va alla guerra. Inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia, Manifestolibri, 2024). Aule e caserme alleate per formare «lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua», alle logiche geopolitiche e militari interalleate, che ovviamente sono quelle imposte dai bombaroli intelligenti della NATO a trazione statunitense ai camerieri europei.
Triste epilogo della parata delle mostrine: il militare è un lavoro come un altro, niente di più e niente di meno, e ti prendono pure con un QI modesto, basta avere denti sani; la Costituzione è la solita foglia di fico, una bella idea calpestata impunemente, tra gli altri, da chi esporta e vende armi nelle aree di conflitto come Ucraina e Gaza. Anche noi, senza vergognarci, abbiamo la nostra piccola Gaza: la paranza dei ragazzini trucidati nella gitarella dal banco alla catena di montaggio, casomai non bastassero quelli impallinati nelle faide.
Silenzio in caserma.
Sergente Hartman: Come ti chiami, faccia di merda?
Soldato Biancaneve: Signore, soldato Brown, signore!
Sergente Hartman: Balle! D’ora in poi tu sei il soldato Biancaneve!
Ti piace questo nome?
Soldato Biancaneve: Signorsì, certo, signore!
Sergente Hartman: Be’, c’è una cosa che non ti piacerà, soldato Biancaneve:
non si serve il piatto negro nazionale
né il pollo fritto né il cocomero alla mia mensa!
Soldato Biancaneve: Signorsì, certo, signore!
(Full Metal Jacket, 1987, di Stanley Kubrick)