Quando sono in vacanza mi succede di “frequentare” la natura più da vicino.
Inevitabilmente lo sguardo si posa sulle forme sinuose di alberi, steli sottili e piccoli arbusti, fiori dalla coltura selvatica, radici che si aggrappano al terreno.
E poi foglie aperte come mani generose o chiuse ed increspate come quelle di vecchine centenarie. E prati verdi come smeraldi, sfrangiati da sentieri di terra rossa.
E mentre cammino, le geometrie ed i colori del creato mi ricordano le opere dei più grandi artisti, che nei secoli hanno cercato di fissare la magnificenza della natura nell’atto creativo.
Ai primi del 900 si fece largo in Europa un movimento artistico di rottura che prese la natura come elemento d’ ispirazione con l’ intento di creare forme uniche, non schematiche, che potessero liberarsi nello spazio.
Il Liberty, lo jugenstil ed il modernismo, furono i movimenti bacino di raccolta per i pittori e gli architetti che volessero produrre il nuovo attingendo dai “fondamentali” della vita.
Non il nuovo dal vecchio bensì il nuovo dalle sue origini.
Allora natura sia !
Un grande architetto catalano, Gaudì, illustrò al mondo il potere della libertà.
Non che altri artisti non l’ avessero fatto in diversi ambiti. È che declinare il concetto di libertà su un palazzo è diverso che imprigionarlo in un quadro.
Non solo per pura questione di materiali, ma anche per questione di metri cubi.
La cosa fantastica di questo uomo fu il coraggio di sperimentare sogni e visioni nel cemento.
Artigiano dell’ arte, fu precursore dell’ utilizzo di materiali di riciclo.
Si sporcò le mani di ferro, di vetro, di sabbia.
Scelse la via della fantasia ed inevitabilmente si ritrovò ad attingere dal “cassetto” della natura.
Nella gioielleria, a circa 1000 km di distanza e negli stessi anni, un famoso orafo, tal Alfredo Ravasco, il nostro Cartier Italiano, fece esattamente lo stesso percorso creativo.
Uomo libero e coraggioso, si mise a creare gioielli mischiando forme e materiali.
Aprì quel famoso cassetto in seno alla natura e fece intagliare il corallo e lo rese un pesce rosso vivo, fece scalfire la malachite e la rese un polipo da adagiare su un mare di agata grigia.
Utilizzò le perle come piccole bolle d’ ossigeno che uscissero dalla bocca di pesciolini, screziati d’ avorio.
Disegnò bracciali come edere che si avvolgessero intorno al polso di donne fascinose.
Ravasco come Gaudì furono ai miei occhi, in primis uomini liberi di sentire il mondo attraverso la propria sensibilità, e solo dopo artisti moderni.
Ma la libertà non sempre è fucina di bellezza.
In quest’ epoca mi appare spesso la giustificazione per dare un nome alle brutture di una creatività assente.
Essere liberi di fare non è sinonimo di arte e di armonia.
Gaudì, come l’ orafo Alfredo Ravasco, riuscirono ad essere incredibilmente eleganti, folli, unici, colti e volitivi nel loro “osare” libertà.
La natura in fondo, non è cosi folle, armoniosa, libera e strabordante di vita come un opera di Gaudì?
PALAZZI COME ALBERI, COLLANE COME EDERE
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