Otteniamo ciò che meritiamo oppure meritiamo ciò che otteniamo…

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Bel dilemma…Shakespeare nell’Amleto fece dire a Polonio: “Mio signore, li tratterò a seconda del loro merito…cui Amleto rispose: “Per l’ostia consacrata, buon uomo, dovrete trattarli meglio. Se si trattasse ognuno a seconda del suo merito, chi potrebbe evitare la frusta?” Chi ha meriti è giusto li possa mostrare mentre l’attuale scenario sociale adotta un atteggiamento ambiguo, dove l’ingiustizia e il sopruso sono tali da rendere vano il concetto di meritocrazia tanto sbandierato dalla società civile. Ideologie confezionate sui favori più che sulla giustizia sono la causa della sofferenza dei più indifesi e i disagiati. Non voglio scrivere un trattato di educazione politica, piuttosto illuminare quel disagio conosciuto e presente negli agglomerati di gente emarginata dove anche insegnare in una scuola è una scommessa tutti i giorni. Si vince o si perde ma in entrambi i casi appare in tutta la sua grandezza sia la sconfitta che la vittoria. Il momento impone di essere forti e di non mollare perché chi ama non può rinunciare al sublime che è dentro di sé. Ogni mattina mi recavo a scuola facendo il proposito che sarebbe stata l’ultima volta, rammaricata per quella mia nomina in una sede scolastica che nessuno aveva voluto accettare. Ho detto di sì perché ero precaria e avevo bisogno di lavorare, fare punteggio mi avrebbe fatto ambire a sedi molto più rassicuranti. Dare del tu all’insegnante non era un atto dispregiativo ma un’eredità genitoriale che metteva in chiaro una cosa: io ti rispetto se tu mi rispetti e non mi rompi le scatole imponendomi le buone maniere verso chi usa la violenza perché di quella erano i maestri e ne conoscevano le regole. Patti chiari amicizia lunga. Scintilla soprannome dato al più facinoroso attuava la legge del dente per dente e devo dire che molti in quella classe erano sdentati non per quella legge del taglione messa in atto dal leader, piuttosto da una povertà che aggregava un po’ tutti. Le interrogazioni erano una sorpresa infinita dove la parola “folle di contadini” aveva avuto come interpretazione “i contadini pazzi”, oppure “Dante autore di un libro di avventure”…che a pensarci bene non era proprio un giudizio tanto assurdo…Quegli sciagurati scrivevano sui temi che avevano assistito a una esecuzione per debiti legati alla droga, confessavano i loro segreti perché…professorè..sei una de noi…Un riconoscimento e una fiducia che inquietava le mie notti: chi ero diventata e che rischi correvo? Ne ho corso uno soltanto quello di girarmi dall’altra parte. Ho rispettato la loro ignoranza e mi sono avventurata nell’esperienza più azzardata che abbia potuto mettere in atto portandoli a vedere la mostra dei reperti artistici provenienti dal Vaticano organizzata al Palazzo della Cancelleria di Roma. Un’impresa coordinarli, imporgli regole del come comportarsi in tale contesto…ll loro humus veniva fuori specialmente alla vista del reperto più prezioso: il Pavone in bronzo simbolo di immortalità: A professorè vieni qua a vedè quanto è bello sto tacchino….