“Memoria di sangue, di fuoco, di martirio”: gli eccidi di Monte Sole di Marzabotto ottanta anni dopo.

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Tra il 29 settembre 1944 e il 5 ottobre 1944, in 115 luoghi diversi nel territorio di tre comuni a sud di Bologna (Marzabotto, Grizzana, Monzuno) vennero compiuti episodi di violenza atroce, noti come “Strage di Marzabotto”. La zona era quella dalle valli del Setta e del Reno, sovrastata dalle alture di Monte Sole e di Monte Salvaro, quindi a ridosso della “Linea Gotica”. In queste aree, composte da isolati casolari, borghi colonici, piccole chiese, intersecarsi di mulattiere, fu compiuta quella che numericamente è risultata la strage con il maggior numero di vittime civili in Europa continentale durante la seconda guerra mondiale.
In totale furono uccise 770 persone, in leggera maggioranza donne, comprendendo nel numero anche bambini e anziani.
I responsabili furono appartenenti a due sottoreparti della 16^ divisione granatieri “Reichsführer-ss”, nel quadro di un’operazione antipartigiana di “bonifica” del territorio immediatamente a ridosso della prima linea del fronte. Anche in questo caso fu attuata la strategia della “terra bruciata”, tragicamente nota sin dal settembre 1943, fondata sul generare terrore nella popolazione, eliminando qualunque fonte di sostentamento alle formazioni partigiane, che non venivano affrontate direttamente in battaglia. La violenza esercitata fu particolarmente feroce, con molte delle vittime rastrellate ed eliminate a colpi di armi da fuoco e mitragliatrici, altre (fra cui bambini) gettate vive nelle fiamme degli incendi che erano stati appiccati, altre ancora decapitate. Come ulteriore tattica terroristica diverse donne vennero stuprate. I pochi sopravvissuti testimoniarono che vi era stata la partecipazione di “volenterosi carnefici” fascisti repubblichini: due di essi,  Lorenzo Mingardi (reggente del Fascio di Marzabotto e commissario prefettizio) e Giovanni Quadri, vennero condannati per collaborazione, omicidio, incendio e devastazione.
I processi si sono conclusi con diverse condanne, tra cui al feldmaresciallo Albert Kesselring per avere istigato le truppe alle stragi (tra cui quelle delle Fosse Ardeatine e di Sant’Anna di Stazzema), a Max Simon, generale comandante la 16^ Divisione “Reichsführer-ss”, al comandante Walter Reder (il quale, dopo la sua liberazione, dichiarò: “Non ho bisogno di giustificarmi di niente” e ritrattò la richiesta di perdono avanzata nel 1967 agli abitanti di Marzabotto), oltre ad altri undici condannati all’ergastolo. Alla cerimonia di commemorazione delle stragi hanno preso parte il presidente Mattarella e il presidente tedesco Steinmeier. È stata la prima senza testimoni diretti. In quest’epoca in cui i periodi oscuri del fascismo e del nazismo suscitano recrudescenza, nostalgia e narrazioni anestetizzanti, occorre riflettere sulle parole di Steinmeier: “Provo dolore e vergogna, chiedo perdono” e di Mattarella: “Nella seconda guerra mondiale si toccò il fondo dell’abisso, la cancellazione di ogni dignità. La memoria è responsabilità”.
Salvatore Quasimodo concluse l’epigrafe per i caduti di Marzabotto (“memoria di sangue, di fuoco, di martirio”) con le seguenti parole: “La loro morte copre uno spazio immenso, in esso uomini di ogni terra non dimenticano Marzabotto, il suo feroce evo di barbarie contemporanea”.