Mariù Pascoli

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Nella mia lunga attività di ricercatrice storico-letteraria ho scoperto molte vite di donne: donne forti, intelligenti, spiritose, voci ed esistenze eccentriche, adorabili, ribelli, autorevoli. Donne che non si sono mai arrese ai luoghi comuni ma che hanno fatto dell’impegno umano il loro stile di vita. Sante, eroine, avventuriere, artiste, letterate, politiche, studiose, umili donne di casa…un panorama vastissimo di testimonianze di impegno, di lotta e di sacrificio, qualche volta anche di successo. Donne vincenti anche quando hanno sofferto, perduto la vita, sono state perseguitate, hanno sacrificato la loro esistenza in nome di un ideale o di forti sentimenti ma sono state proprio queste figure femminili a tracciare il cammino verso l’emancipazione, non intesa come sfrontatezza perché la vera emancipazione non vuole esibizionismo. Una grande ricchezza umana e culturale dove c’è posto anche per Mariù Pascoli cui riconosciamo nonostante le antipatie che ha suscitato per la maniacale abnegazione riservata al fratello Giovanni Pascoli, una tenacia e una forza morale nel difendere il nido familiare o almeno ciò che restava dopo la tempesta di lutti abbattutasi nella famiglia. Quando scelgo i personaggi poi entro in empatia con loro tanto da essere sicura che oggi la cara Mariù in cerca per tutta la vita di attenzione e affetto mi sia grata per averle regalato un momento di gloria quando ho avuto la fortuna di scoprire le sue lettere inedite inviate all’amico di famiglia Luigi Pietrobono sacerdote, dantologo, nonché grande critico letterario specialmente della poesia di Giovanni Pascoli. A questa mia scoperta l’editore dette il titolo di Pascoli familiare perché Mariù svela la sua vita privata con il fratello in un contesto familiare perseguitato dalle sventure. È ferma nel suo calvario accanto a Giovanni, sono rimasti soli in un rapporto simbiotico che lo stesso psichiatra Vittorino Andreoli definì morboso e che Mariù fu ben lieta di accettare e di essere l’unica custode di un fratello anche lui affetto da un complesso edipico non risolto con una personalità caratterizzata da componenti infantili. Alla sua morte Mariù mette per iscritto la vita del fratello e la sua, ripercorre passo passo la sua esistenza dove emerge la morbosità ossessiva e tormentata da dubbi soprattutto con le sue domande assurde sulla possibilità che lui da morto ascolti o parli che riconducono alla visione pascoliana della morte e della vita dopo la morte…se c’è Dio se Dio è con lei…In quelle lettere Mariù rivolge queste domande all’amico Pietrobono, vuole sapere dove si trova il suo Giovannino, se si farà presenza. Ha la sensazione di vivere un evento straordinario, di rivederlo in carne e ossa. Un patetismo e sentimentalismo languido a volte esagerato: è tutta un pianto, un dichiarare perenne della sua spossatezza, di voglia di non vivere venendo a mancare l’oggetto e lo scopo della sua vita. Mariù è la testimonianza più alta del sacrificio, della devozione, dell’annullamento di una sorella che è stata alla fine musa ispiratrice e madre. Mi sfiora il dubbio che abbia mentito a sé stessa, non nel confermare il suo grande affetto e sacrificio quanto nell’essere reticente riguardo al suo desiderio di imporsi nel panorama culturale, non come sorella-ombra Mariù piuttosto come scrittrice e poetessa Maria Pascoli. “Un sacrificio non arriverà mai ai piedi di Dio onnipotente se non sarà stato consumato in segreto” Scriveva Dino Buzzati.