Fu un colpo di fulmine, si innamorò a prima vista. Lo sposò a 18 anni. Lui era Francesco II di Borbone, il principe ereditario di Napoli.
Lei Maria Sofia figlia di Massimiliano di Baviera. Quinta di nove figli, sorella della più conosciuta principessa Sissi, imperatrice d’Austria, nacque nel 1841° Possenhofen. Ricevette un’educazione libera e anticonformista.
Molto sportiva, andava a cavallo, tirava di scherma, sapeva nuotare, fumava. Alla morte di Ferdinando II diventò regina di Napoli.
La città le piacque, la coinvolgeva emotivamente, in quel tempo era la terza città d’Europa dopo Parigi e Vienna. Allegra, vivace, conquistò subito il cuore dei napoletani. Guidava fino a sei cavalli con mano salda per i viali di Capodimonte.
La corte borbonica rimase sconvolta dal suo anticonformismo e dalle su idee liberali. Il marito ne subì il fascino e si convinse a varare una serie di riforme per ammodernare una corte eccessivamente tradizionale. Troppo tardi.
Garibaldi era alle porte e stava per congiungersi con un re “italiano” a capo dell’esercito piemontese, per concludere la vittoriosa campagna dei Mille.
L’esercito borbonico sconfitto in Sicilia, nelle Calabrie, a Napoli, decimato da tante perdite si ritirava sulla linea difensiva del Garigliano. Poi nel 1860 quando la flotta francese preposta alla difesa del litorale per ordine di Napoleone III lasciò il presidio, l’esercito di Francesco II dovette ripiegare verso Mola di Gaeta (odierna Formia) da dove si mosse per raggiungere la piazzaforte di Gaeta.
Iniziò un assedio di 102 giorni. L’esercito piemontese alzò parapetti, le truppe borboniche costituite in massima parte da soldati napoletani volontari, fedelissimi al loro re furono costretti a risparmiare perfino sui viveri.
Prima di lasciare il presidio Napoleone III scriveva a Francesco II di ritirarsi con gli onori della guerra prima di un’inevitabile catastrofe. Un netto rifiuto: il presidio napoletano non pensava affatto alla resa.
L’assedio si faceva ogni giorno più stretto e feroce. Accanto alla nobile figura di Francesco II che nella sventura giganteggiava come nessuno avrebbe mai immaginato, rifulse in quei giorni la personalità superba, magnifica della regina Maria Sofia.
Sempre accanto al suo sposo fin dall’inizio dell’assedio, incurante dei pericoli e dei disagi, viveva in un forte circondato dal nemico tra i soldati e come loro fu eroica. Assistette al crollo delle case, agli incendi, alla desolazione e la morte fra il tifo e l’attesa dell’assalto finale.
Nelle privazioni più terribili questa donna gentile, bella giovane fu al suo posto di regina e di sposa, senza chiasso e senza pompa, senza la vanità di cui spesso si compiacciono gli illustri personaggi. Sofia illuminò di luce gloriosa la fine di Gaeta. La giovane regina era sempre sugli spalti fra i suoi soldati che incitava e confortava.
Solo un anno regnò ma lasciò un ricordo indelebile. Con la capitolazione dei Borboni la campagna dell’unità d’Italia poteva considerarsi conclusa: la bianca bandiera borbonica dai gigli d’oro si inchinava tre volte per dare l’ultimo saluto a Francesco II e Maria Sofia a bordo del vapore francese La Mouette, lasciava il porto di Gaeta insieme al suo consorte accompagnata dalle salve dell’artiglieria per recarsi a Terracina e poi in Francia.
L’esilio di Maria Sofia, l’ultima regina di Napoli coincideva con l’inizio del Regno d’Italia. Maria Sofia non tornò più nella sua amata Napoli, morì nel 1925 a Monaco ospite del nipote, circondata solo da due vecchi servitori e due cameriere, vivendo in ristrettezze. Si era prodigata per tante persone offrendo sussidi e assistenza.
Sosteneva anche l’ospizio dei piccoli vetrai italiani vicino a Parigi.
Negli ultimi tempi non aveva molta corrispondenza con le sue amiche italiane, conservava quella con la contessa di Macchia di Napoli alla quale chiedeva in regalo per il suo compleanno una cassettina di maccheroni con un po’ di cacio e di conserva per fare delle pastasciutte come le mangiava a Napoli.
A 82 anni conservava ancora i tratti di bambina. Teneva dentro di sé un rimpianto: non essere stata rispettata nei suoi diritti di proprietà all’ingresso di Garibaldi e del re Vittorio Emanuele. Nell’intervista rilasciata a Giovanni Ansaldo apparsa sul Corriere della Sera nel novembre del 1924 da sfogo alle sue rimostranze: “…che i Savoia dopo che ebbero annesso il Regno di Napoli non abbiano sentito il bisogno di usare un po’ di riguardo ai Borboni che erano stati re legittimissimi, come loro…Vittorio Emanuele sapeva che quei quattro milioni di ducati venivano dalla dote della madre di Francesco II…la villa di Caposela a Modena, i palazzi reali di Portici e di Capodimonte erano proprietà di re Ferdinando che li lasciava a Francesco mio consorte…anche lui come Garibaldi fu un re che si comportò come un rivoluzionario…