MARIA ANGELA DANZÍ E IL FUTURO DELL’EUROPA, VISIONI PER UN CONTINENTE INCLUSIVO

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Esplorando Politiche Ambientali, Sociali ed Economiche con la ex Parlamentare Europea

Maria Angela Danzí ex Parlamentare Europea del M5S, sempre impegnata per un’Europa più inclusiva, e protagonista della politica europea, si distingue per il suo impegno verso politiche di inclusione e crescita sostenibile.

Con l’esperienza nel Parlamento Europeo, Danzí ha influenzato significativamente le decisioni su temi cruciali come l’ambiente, l’istruzione e la giustizia sociale. In questa intervista, esploreremo il suo punto di vista su questioni attuali che plasmano il futuro dell’Unione Europea e le sue visioni per un continente più solidale e resiliente.

Il Green Deal Europeo, come vede il ruolo dell’Italia in questo contesto e quali sono le proposte del M5S per contribuire a questo piano?
L’ultima legislatura ha lasciato eredità importanti in materia ambientale, riforme di grande rilevanza: penso alla legge sul ripristino della natura, al regolamento imballaggi, a quello sulle microplastiche, solo per citarne alcuni. È chiaro che ci sia ancora tanto da fare, il Green Deal Europeo racchiude sfide e opportunità, sta poi a ciascuno Stato membro coglierle e affrontarle: l’Italia può giocare un ruolo chiave in questo senso, nella transizione verso un’economia sostenibile e a basse emissioni di carbonio. Con le nostre risorse naturali e le competenze tecnologiche, possiamo contribuire significativamente agli obiettivi del Green Deal: parlo della neutralità climatica entro il 2050, della riduzione delle emissioni di gas serra e della promozione di un’economia circolare, per esempio. Durante l’ultima legislatura al Parlamento Europeo, il Movimento 5 Stelle ha avuto un ruolo determinante nell’affermare le politiche sulla salute pubblica e la ricerca scientifica nonché il Green Deal e le politiche legate alla transizione ambientale. Abbiamo portato avanti le nostre proposte sempre con grande impegno e coerenza: la promozione delle energie rinnovabili, dell’efficientamento energetico, della mobilità sostenibile e del trasporto pubblico, l’adozione di misure di supporto all’agricoltura biologica, alla riduzione dei rifiuti e per l’innovazione e la ricerca, il sostegno a progetti di economia circolare, di protezione degli ecosistemi e di riduzione delle emissioni. Non a caso, l’associazione ambientalista francese Bloom, dopo aver condotto un’analisi di tutti i voti degli europarlamentari sui temi della difesa degli oceani, della biodiversità, del clima e della giustizia climatica, ha individuato nel Movimento la prima forza politica italiana in Europa a difesa dell’ambiente. Come membro della Commissione Ambiente, è stata una soddisfazione unica vedere come tutti i nostri sforzi per dare risposte concrete alla crisi climatica e per tutelare la biodiversità e gli ecosistemi siano stati riconosciuti.
Quali iniziative occorrono per incentivare l’economia circolare in Italia?
Il nostro paese, come sappiamo, ha sempre fatto registrare ottime performance se paragonate agli altri Stati membri dell’UE in materia di riciclo, ma ci sono margini di miglioramento. Ad esempio, tassi elevati di raccolta dei rifiuti devono essere accompagnati da una netta riduzione degli imballaggi immessi al mercato, incentivando anche l’utilizzo di materiali riutilizzabili a lungo termine, come il vetro in sostituzione della plastica. Anche la progettazione ecocompatibile giocherà un ruolo fondamentale, in termini di minor consumo di risorse e maggior efficienza ambientale.
Penso che anche nel settore tessile si possa fare di più. Secondo gli ultimi dati solo un quarto dei capi di abbigliamento viene raccolto e riciclato separatamente, il resto finisce nell’indifferenziato e quindi nell’inceneritore. Oltre a migliore la raccolta differenziata, dobbiamo tornare a promuovere le buone pratiche dei nostri nonni: aggiustiamo e ripariamo i capi di abbigliamento per dargli una seconda vita. Mi auguro che quanto raggiunto con la direttiva right to repair che istituisce l’obbligo di riparazione per i prodotti tecnologici sia solo il primo passo e che venga esteso a breve anche ad altre categorie di oggetti.
Oltre che sulla sensibilizzazione dei cittadini, dovremmo agire anche sulle imprese e PMI. Molte hanno già abbracciato, anche con importanti sacrifici, la via della sostenibilità e vanno senza dubbio accompagnate in questo percorso. L’Europa può giocare un ruolo decisivo, per esempio aumentando i controlli alle frontiere per impedire l’ingresso di prodotti non conformi agli elevati standard ambientali che ci siamo dati, evitando così pratiche di concorrenza sleale. Lo stesso si può dire con il contrasto al greenwashing, pratica subdola che spinge i consumatori a pagare di più un prodotto che green non è, con il rischio di vanificare tutti gli investimenti sostenuti effettivamente dalle imprese più virtuose.
Da ultimo, non dobbiamo dimenticarci delle nuove generazioni: la scuola gioca un ruolo centrale nell’insegnamento e diffusione di buone prassi.
Quanto è importante l’educazione ambientale nelle scuole?
L’educazione ambientale nelle scuole è indubbiamente di grande importanza. Insegnare agli studenti i problemi ambientali e sensibilizzarli specialmente su quelli più attuali, come il cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita di biodiversità e il loro impatto sul pianeta e sulla salute umana, li aiuta a comprendere l’importanza della tutela dell’ambiente. A sua volta, un’educazione ambientale efficace può influenzare positivamente i comportamenti dei giovani, incoraggiandoli ad adottare pratiche sostenibili nella loro vita quotidiana, come il riciclaggio, il riuso, il risparmio energetico, il contrasto allo spreco e l’uso responsabile e consapevole delle risorse.
Molte delle sfide ambientali attuali persisteranno e, se non invertiamo rotta, potranno pure aggravarsi in futuro: è essenziale preparare le nuove generazioni a studiare, limitare, fronteggiare e contribuire a risolvere questi problemi, così come renderle sempre più consapevoli su quanto l’azione umana possa impattare negativamente (o positivamente) sull’ambiente e sul clima.
Anche dal punto di vista della formazione, penso che l’educazione ambientale possa rivelarsi anche strategica, fornendo le basi per carriere in settori in ascesa come la scienza ambientale, l’energia rinnovabile e la gestione delle risorse naturali.
In generale, sono fiduciosa: da parte delle nuove generazioni vedo una consapevolezza diffusa e un’apertura al cambiamento che fanno ben sperare per il futuro del nostro pianeta.
Elezioni in Francia. Quali implicazioni hanno questi risultati per il panorama politico dell’Unione Europea?
Le elezioni legislative in Francia hanno lanciato un messaggio chiaro e forte: i cittadini hanno respinto l’estrema destra di Le Pen e Bardella, scegliendo invece l’alternativa rappresentata dal fronte progressista. I francesi hanno premiato un programma politico ambizioso e in linea con le sfide sociali del nostro tempo, che prevedeva proposte puntuali e concrete come l’aumento del salario minimo a 1.600 euro al mese, maggiori investimenti nella scuola pubblica e nella cultura, lo sviluppo delle energie rinnovabili, la difesa dell’acqua pubblica, la tassazione progressiva, la via diplomatica per il cessate il fuoco a Gaza e la costruzione di 200.000 nuovi alloggi pubblici.
Questi punti devono rappresentare un riferimento anche per il fronte progressista italiano, nella costruzione di un’alternativa alla destra di Giorgia Meloni e alle sue politiche che favoriscono i ricchi e le multinazionali.

Con il loro voto, i francesi non solo hanno aperto le porte ai temi della coesione sociale, della sostenibilità ambientale e della giustizia economica, ma hanno anche rigettato l’austerità e le politiche restrittive di bilancio che soffocano la crescita economica e negano un futuro di benessere ai cittadini.

Speriamo che questo rappresenti la fine delle politiche neoliberiste in Francia, in Europa e in Italia. L’Unione Europea non può ignorare questo segnale.