MARCO SORBARA: 909 GIORNI

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Custodia Cautelare: Un’Ingiustizia affrontata con resilienza
L’inizio dell’incubo

Una mattina come tante altre, la mia vita cambiò radicalmente. Senza preavviso, mi ritrovai accusato di un crimine che non avevo commesso e trascinato in un incubo giudiziario che mi avrebbe tenuto prigioniero per 909 giorni di custodia cautelare. Tra questi, 45 giorni furono trascorsi in isolamento, una condizione che nessuno dovrebbe mai sperimentare. La mia cella era una minuscola stanza di quattro passi per due, priva di televisione, radio, senza doccia e senza acqua calda. Un letto in ferro cementato per terra.

La solitudine dell’isolamento

L’isolamento è una prova estrema per la mente e lo spirito. Per 33 giorni, non vidi né parlai con mia mamma e mio fratello. Le pareti della mia cella sembravano chiudersi su di me, mentre il silenzio diventava assordante. L’unico rumore era il gocciolio dell’acqua fredda dal rubinetto, una costante e crudele compagnia. Ogni giorno, contavo i passi, 4 passi per 2, da un angolo all’altro della cella, cercando di mantenere un minimo di sanità mentale. Facevo le flessioni, respiravo lentamente e quel poco cibo che riuscivo a mangiare lo deglutivo molto lentamente. La percezione del tempo cambia totalmente.

La separazione forzata dalla mia famiglia per 33 giorni fu una delle esperienze più devastanti. Mia madre è sempre stata il mio punto di riferimento, il mio sostegno emotivo. Non poterla vedere o sentire la sua voce mi fece sentire completamente abbandonato. Ogni giorno che passava senza di lei era una lotta per non cedere alla disperazione e mantenere la speranza viva.

La mia cella era indescrivibile, con appena lo spazio sufficiente per muovermi. Senza televisione o radio, il tempo sembrava non passare mai. Mi aggrappavo a ogni piccola distrazione: leggere le 872 pagine dove i Giudici affermavano, sbagliando, che io fossi un mostro. scrivevo lettere che non avevo modo di spedire, contare i passi avanti e indietro. Ogni azione ripetitiva diventava un modo per non perdere la ragione.

Nonostante tutto, non persi mai la speranza. Ogni giorno cercavo un motivo per andare avanti. Mi rifugiavo nei ricordi felici e nella convinzione che un giorno tutto sarebbe finito. La fede, lo sport e il sostegno invisibile della mia famiglia mi davano la forza per resistere. Credevo fermamente nella mia innocenza e nella giustizia, e questo mi aiutò a superare anche i momenti più bui.

Quando finalmente venni rilasciato, ero una persona profondamente cambiata.

Quei 909 giorni avevano lasciato cicatrici, ma anche una nuova consapevolezza della mia forza interiore.

Oggi, giro per le scuole, le carceri, gli oratori e i convegni per raccontare la mia storia. Il mio obiettivo è diffondere un messaggio di speranza e resilienza. Voglio che le persone sappiano che non bisogna mai arrendersi, anche nelle situazioni più difficili. La mia fede, la mia famiglia e lo sport mi hanno permesso di continuare a credere nella giustizia e, alla fine, di dimostrare la mia innocenza.

La mia esperienza di custodia cautelare è stata un viaggio attraverso l’oscurità, ma anche una prova di scoperta personale e di forza interiore. Ho imparato a resistere, a sopravvivere e a mantenere la speranza anche nelle circostanze più difficili. Oggi, il mio impegno è condividere questa lezione con gli altri, mostrando che, con determinazione e supporto, si può superare qualsiasi avversità.