Come ci si interroga sull’assoluto e come tale indagine poetica è mutata nel corso dei secoli? Per rispondere a tali domande prenderemo in esame l’esempio di Alessandro Manzoni. Quell’idea di letteratura come arte, come produzione di assoluta bellezza per mezzo della scrittura. La letteratura, in quest’ottica, diviene una ricerca continua del piacere dei sensi, un appagamento per l’anima. Si cerca la rappresentazione dell’assoluto e delle sue varie declinazioni: il trascendente, l’eterno, l’infinito, il divino, il mistero. L’assoluto non può mai considerarsi eventuale, ma è intrinseco e necessario all’opera letteraria stessa. La letteratura è l’insieme delle opere che, anche senza l’intenzionalità dell’autore, sono scritte per ricercare la bellezza e la trovano nella rappresentazione o nell’intuizione dell’assoluto. L’opera letteraria in sé tende costantemente verso l’assoluto. In tale prospettiva, la quale sostanzialmente assume il termine letteratura come sinonimo di poesia, vanno tenuti presenti alcuni aspetti. L’assoluto nella letteratura è da identificarsi sempre con la forma e non con il contenuto (F. Ulivi, Il Romanticismo e Alessandro Manzoni, Bologna, Cappelli, 1965, pp. 56-58.). In secondo luogo, tale aspetto ci conduce proprio verso Manzoni, se l’assoluto in letteratura è dato solo dalla forma, è questo un assoluto estetico, allora il contenuto dovrà tendere verso una morale, che non può che essere quella cristiana. C’è ora da chiedersi quanto il romanticismo europeo abbia influenzato tale funzione della letteratura. Particolarmente significativo per la nostra indagine risulta essere l’anno 1815, non perché significhi qualcosa nella vicenda del romanticismo italiano, ma perché è l’anno del Congresso di Vienna e con esso l’inizio della Restaurazione. Per Manzoni risulta essere un punto di svolta drammatico, in cui la delusione per il mancato riconoscimento dell’indipendenza della Lombardia lo induce a una totale revisione dei progetti letterari. Con la conclusione dedicata alla stesura degli Inni sacri e la conseguente pubblicazione nell’edizione Agnelli alla fine del 1815, la scelta del genere si orienta quasi naturalmente verso la tragedia e in particolare la tragedia storica (D. Bianchi, Il Manzoni alla ricerca dell’assoluto: svolgimento circolare del suo pensiero da Dio a Dio, in Rendiconti, Classe di Lettere, v. 97, 1963, pp. 69-92). Unico punto che però continuò ad essere presente nella sua produzione fu quella ricerca dell’assoluto da lui sempre perseguita. Proprio sulla base della “forma estetica” del componimento si fanno distinzioni fondamentali (G. Ragonese, Manzoni tra Illuminismo e Romanticismo, in Atti dell’Accademia di scienze lettere e arti di Palermo Serie 4., vol. 37., 1977-78, parte 2, pp. 497-547). A tal proposito si pensi a Croce, il quale nel caso di Dante, distinse struttura e poesia, e nel caso di Manzoni, poesia ed oratoria. Per quanto concerne esclusivamente Dante si pensi al giudizio di Eliot. Egli è da considerarsi il primo grande poeta e critico che abbia scoperto e dichiarato pubblicamente che la poesia non è da considerarsi espressione della personalità. Il caso di Manzoni e la ricerca dell’assoluto è però similare a quello di Leopardi e non all’esperienza dantesca, troppo lontana cronologicamente. L’intellettuale moderno è ora interprete di una cultura non più concepibile unitariamente, ma caratterizzata da una o più fratture, kantianamente parlando. La realtà ora si suddivide in: fenomenica, cioè quella conoscibile e manovrabile solo dalla scienza, e quella noumenica, alla quale si può accedere solo mediante la fantasia e il sentimento. Dunque, l’intellettuale moderno, che è anche poeta, perciò dotato di sentimento ed immaginazione, volendo utilizzare queste sue facoltà non comuni a tutti gli intellettuali, si trova ad interrogare l’assoluto, che però può essere interrogato solo attraverso una ricerca bifronte, fenomenica e noumenica. Per comprendere ciò è però fondamentale il distinguo tra fenomeno e noumeno kantiano. Il fenomeno, in estrema sintesi, è l’oggetto della conoscenza, ciò che appare, mentre il noumeno è l’essenza delle cose, la cosa così com’è, non si può avere una conoscenza reale della cosa in sé, in quanto è formato solo dalla forma, nono presuppone la materia. Quindi Kant comincia con lo stabilire una distinzione tra mondo sensibile (empirista), ed un mondo intellegibile (razionalista). Il primo è dovuto alla passività del soggetto ed ha per oggetto il fenomeno; il secondo ha per oggetto la cosa così com’è, il noumeno. La conoscenza fenomenica è l’unica conoscenza sicura, infatti il nostro intelletto non può mai oltrepassare i limiti della sensibilità, perché non è dotato di facoltà intuitiva (propria di un intelletto superiore a quello umano) e perché da questa soltanto riceve il contenuto della conoscenza. Se l’intelletto da solo non può spingersi oltre il fenomeno e quindi conoscere a priori un oggetto, Kant si domanda se sia possibile e in che modo conoscere il noumeno.
Manzoni incarna perfettamente tale tipologia di nuovo intellettuale, costantemente in bilico su questa ricerca bifronte (G. Pirretti, Noumeno e fenomeno; ovvero, Il vero pericolo del momento: dedicato ai giovani, Milano, La frusta politica, 1961, p. 2). Parlando in questi termini la poesia può essere intesa soltanto come un mezzo d’indagine che conduce all’assoluto. Bisogna però chiedersi se questa doppiezza investigativa, ragione e sentimento, logica e fantasia, possa generare nel poeta un’inquietudine. Il discrimine crociano tra Leopardi e Manzoni risiede proprio nel fatto che, quest’ultimo pur essendo uomo di fede, si trova costretto alla ricerca dell’assoluto, facendo presupporre che la fede non lo possegga. La conclusione, come rivelato anche dalla critica successiva, non può dirsi esatta, poiché Manzoni da uomo religioso possiede l’assoluto e tutta la sua opera è una manifestazione di ciò. È proprio tale possesso a rivelarne la bellezza. Tale ricerca sposa pienamente l’ideale romantico di Fichte, Schlegel e Novalis. Tornando alla data fatidica del 1815, possiamo affermare che Manzoni non ha ancora prodotto niente di teorico, ma ha letto quasi tutte le opere alla base del romanticismo europeo: del 1809-’10 sono le Vorlesungen über dramatische Kunst und Literatur di August Wilhelm Schlegel, che Manzoni conosce nella traduzione francese, uscita col titolo di Cours de littérature dramatique alla fine del 1813, data questa fondamentale, poiché appaiono la seconda edizione del De l’Allemagne di Madame de Staël e il De la littérature du midi de l’Europe di Sismonde de Sismondi. Dunque, la ricerca dell’assoluto manzoniano è una ricerca su due fronti, ma costantemente mediata dalla fede e permeata da quella romantic tutta europea di area germanica.
Manzoni e il romanticismo europeo
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