Lo stato del Pubblico Impiego in Italia

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Questo articolo origina da un fruttuoso dialogo avuto con Marco Carlomagno, Segretario generale della FLP – Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche. Il dibattito ha preso spunto proprio dalla lettura dei sui articoli che spesso pubblica su HuffPost e che leggo sempre con estremo piacere. Carlomagno ci parla di una Pubblica Amministrazione che deve rinnovarsi ed evolversi, dalla settimana corta, alla smart working, riduzione dell’orario lavorativo, ma allo stesso tempo una maggiore formazione, un miglioramento nell’alfabetizzazione digitale, sino all’introduzione dell’IA nella Pubblica Amministrazione, magari proprio per alleggerire tutta la parte concernente al così detto “amministrativo puro”. Per quando concerne l’IA citando proprio il Segretario Generale in un suo articolo del 1° luglio su HuffPost, ci dice: «Basti pensare allo studio condotto da Microsoft-Ambrosetti, presentato a inizio di quest’anno, che spiega come un’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi lavorativi possa produrre, a parità di ore lavorate, ben 312 miliardi di aumento del PIL, vale a dire il 18,2%. Oppure, a parità di valore aggiunto, potrebbe liberare 5 miliardi e 700 milioni di ore lavorate».
C’è però da chiedersi quale sia lo stato dell’arte oggi nella P.A. Spesso gli impiegati pubblici, soprattutto per un substrato mentale della Prima Repubblica, sono visti come dei privilegiati. Ma stanno realmente così le cose? Parlando per esperienza diretta, in quanto Funzionario E.Q. di Ente Locale, posso dire che la situazione non è proprio questa e che per arrivare a ciò che prospetta Carlomagno ci vorranno decenni. In questo mio breve intervento mi concentrerò maggiormente sulle problematiche degli Enti Locali. Per prima cosa va sottolineato come all’interno del grande universo della Pubblica Amministrazione ci sia una grande disparità, a parità di categoria/ruolo, proprio a partire dal trattamento economico. Gli stipendi più alti sono quelli degli statali e dei ministeriali, poi a cascata vengono Regioni, Province ed Enti Locali. Questi ultimi sono quelli meno retribuiti. Il paradosso sta nel fatto che il nuovo contratto per gli statali con contrattazione Aran è andato ad aumentare il loro stipendio mensile dai 160 ai 190 euro mensili, in base alla categoria (l’entrata in vigore si avrà ad aprile 2025). Dunque, si sono andati ad aumentare gli stipendi che già erano tra i più alti della Pubblica Amministrazione. Ma tale disparità non risiede solo nel trattamento economico, ma anche nella formazione dei dipendenti e negli scatti di carriera. I dipendenti di Ente Locale e Province sono, infatti, quelli che impiegano più tempo a crescere, solitamente vanno in pensione con la medesima categoria (qualifica) con la quale sono entrati. A proposito della lentezza delle carriere nella P.A. risulta molto interessante un articolo Ivan Lagrosa, Pubblico impiego: salari più alti ma carriere più lente, pubblicato l’11 gennaio 2024 in Nuovo mondoeconomico.eu. Gli impiegati nella Pubblica Amministrazione inferiori di numero e di età media molto più alta rispetto al resto d’Europa. Inoltre, lo stipendio base è sì più alto rispetto all’impego privato, ma poi si considerano gli scatti di carriera nel privato, quello pubblico viene rapidamente superato. Citando l’intervento di Lagrosa «Nel 2019 la percentuale di occupati nel pubblico impiego nel nostro paese si è fermata a quota 13%, mentre la stessa percentuale è risultata più alta in altri paesi Europei quali la Francia (21%), il Belgio (18%) e la Spagna (oltre il 15%), con una percentuale media di dipendenti pubblici nell’area OECD di circa il 18%. In termini assoluti, nel 2022 il numero di dipendenti pubblici in Italia si è attestato sulla cifra di 3,31 milioni di occupati, in leggero calo rispetto ai 3,34 milioni dell’anno precedente (Rapporto INPS 2023)».

Percentuale per paesi con impiegati pubblici con età media superiore ai 54 anni (Fonte: OECD)
Va detto che dal governo centrale sono state prese varie iniziative per far mutare tale situazione, dalle assunzioni PNRR, alla transizione digitale, passando per la formazione Syllabus e PA 110, la quale permette di pagare il 50% dell’intero master, corsi di laurea e corsi di specializzazione nelle Università convenzionate. Queste misure però non sempre sono recepite dagli Enti Locali che spesso non le pubblicizzano tra i dipendenti, oppure non attivano proprio la convenzione. Come sottolineato più volte da Carlomagno, serve una spinta sinergica tra pubblico e privato per generare un cambiamento e un’evoluzione nel mondo del lavoro in Italia.