L’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando il mondo e di conseguenza influenzando vari settori, incluso quello del diritto d’autore. La sua capacità di generare contenuti creativi, come opere d’arte, testi e musica, solleva complesse questioni sulla proprietà intellettuale e sulla natura stessa della creatività. L’emergere dell’IA generativa, come i modelli di tipo GPT, ha portato alla creazione di opere apparentemente originali e creative. Tuttavia, la questione se l’IA possa essere considerata veramente creativa è ancora dibattuta.
Alcuni esperti, per esempio Stephen Thaler di cui parleremo più avanti, sostengono che l’abilità degli ingegneri nel manipolare i parametri dei sistemi di IA per ottenere una generatività ottimale suggerisce una forma di creatività. L’IA, secondo loro, va oltre la semplice riproduzione di dati esistenti, mostrando una capacità di combinazione e rielaborazione che potrebbe essere definita creativa.
Tuttavia altri, primo fra tutti Noam Chomsky, sostengono che l’IA non è altro che autocompletamento con il turbo, basandosi su probabilità statistiche per generare contenuti. Per loro, la vera creatività umana implica la ricerca dell’improbabile, la capacità di andare oltre le convenzioni e di esplorare nuove idee, qualcosa che l’IA, limitata dai dati su cui è addestrata, non può fare. Questa visione è supportata dall’osservazione che i modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) si limitano a indovinare la parola successiva in una sequenza, basandosi sulla probabilità statistica.
Questa dualità di pensiero si riflette nel dibattito sull’autorialità dell’IA. Alcuni sostengono che l’IA, essendo in grado di generare opere originali, dovrebbe essere riconosciuta come autore a tutti gli effetti, con i relativi diritti d’autore. Tuttavia, questa visione solleva questioni complesse sulla capacità dell’IA, un’entità non umana, di detenere diritti legali.
Altri considerano l’IA come uno strumento nelle mani dell’uomo. Secondo questa prospettiva, il creatore dell’IA o l’utente che la utilizza dovrebbe essere considerato l’autore e il titolare dei diritti d’autore.
Il Ritratto di Edmond Belamy (già il nome di per sé è un gioco di parole), creato nel 2018 da un collettivo francese utilizzando un sistema di IA basato su GAN (Generative Adversarial Network, una architettura particolare di reti neurali ideata da Ian Goodfellow, da qui il nome francese di Belamy e il gioco di parole), esemplifica le sfide poste dall’IA al diritto d’autore. L’opera, generata da un algoritmo addestrato su un database di 15.000 ritratti, è stata venduta all’asta per oltre 400000$, sollevando domande su chi detenga i diritti: gli sviluppatori dell’algoritmo, il collettivo o gli artisti originali i cui ritratti sono stati utilizzati per addestrare l’IA?
Casi simili, come la Sedia AI di un noto studio di design e la fotografia The Electrician di Boris Eldagsen, alimentano ulteriormente il dibattito.
Il caso del già citato Stephen Thaler, che ha cercato di ottenere il copyright per un’opera d’arte creata dalla sua IA, Dabus, offre un ulteriore spunto di riflessione. Thaler ha sostenuto che Dabus, essendo stata progettata per operare autonomamente, fosse l’autrice, ma la sua richiesta è stata respinta dai tribunali, che hanno ribadito che solo gli esseri umani possono essere autori.
La legge italiana sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633) non affronta esplicitamente la questione dell’IA. Tuttavia la sua filosofia di fondo, incentrata sulla figura umana dell’autore, lascia intendere che le opere generate dall’IA, in assenza di un intervento creativo umano, non sarebbero tutelabili.
A livello internazionale, non esiste un quadro normativo uniforme sull’IA e il copyright. Alcuni paesi sono orientati verso un approccio pragmatico, supportando il concetto di creatività di secondo livello del programmatore (il programmatore crea l’AI che a sua volta crea le opere), mentre altri stanno ancora dibattendo la questione. La Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale del Consiglio d’Europa, ratificata lo scorso settembre, promuove uno sviluppo etico e responsabile dell’IA, ma non affronta direttamente la questione del copyright.
L’evoluzione dell’IA richiede un adeguamento del quadro normativo e una riflessione etica per guidare lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA in modo responsabile. È fondamentale stabilire chi detiene i diritti d’autore sulle opere generate dall’IA e se l’IA stessa possa essere considerata un’entità creativa.
L’IA, se correttamente regolamentata, può essere un potente strumento per la creatività e l’innovazione, ma è fondamentale affrontare le sfide poste da questa tecnologia in modo equilibrato, proteggendo i diritti dei creatori umani e promuovendo uno sviluppo tecnologico sostenibile ed eticamente responsabile.
L’IA è creativa? Il dibattito sul copyright nell’era dell’intelligenza artificiale
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