La scorsa settimana abbiamo esplorato le ragioni pratiche dell’algoretica; oggi ci addentreremo nei suoi significati e nelle sue motivazioni più profonde.
Etimologia e Prima Attestazione del Termine Algoretica (dal sito dell’Accademia della Crusca): La parola “algoretica” è una parola macedonia formata da “algor”, abbreviazione di algoritmo (‘insieme di regole per la risoluzione di un calcolo numerico’ e per estensione metodo o procedimento matematico per la risoluzione di un problema’) e “etica” (‘complesso delle norme morali e di comportamento pubblico e privato proprie di un individuo o di un gruppo’). Il termine “algoretica” è stato introdotto per la prima volta nel 2017 da Luigi Lombardi Vallauri durante una conferenza intitolata “Algoretica. Le due sfide cruciali nell’era tecnologica: bioetica, roboetica”, tenutasi nell’ambito del ciclo di incontri Roboetica. Dall’Algoritmo all’umanoide, organizzato dall’Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria.
Partiamo dall’inizio
Nel 2017, Luigi Lombardi Vallauri introduce per la prima volta il termine “algoretica”, neologismo inventato per evidenziare il substrato comune di bioetica e robotica. Ma cosa hanno a che fare la bioetica e la robotica l’una con l’altra? La risposta è semplice: gli algoritmi. In pratica Vallauri unifica due campi apparentemente distinti sotto un unico concetto, quello degli algoritmi, aprendo così una nuova frontiera di riflessione etica.
L’algoretica si pone come ponte tra bioetica e roboetica. L’algoritmo biologico si riflette nell’algoretica umana, animale e ambientale, cioè nell’etica del vivente, del bios. Allo stesso modo, l’algoritmo non biologico si riflette nell’algoretica dei robot e dei sistemi di intelligenza artificiale, cioè nell’etica degli algoritmi stessi. Questo approccio unificante ci permette di comprendere meglio le implicazioni etiche delle tecnologie moderne, sia che si tratti per esempio di manipolazioni genetiche, sia di intelligenze artificiali avanzate.
Ricordiamo che in parole semplici un algoritmo è una serie di istruzioni finite, definite e non ambigue, che permettono di risolvere un problema o di svolgere un compito. Questo concetto è alla base di tutte le tecnologie moderne, dalla bioingegneria alla robotica, e costituisce il cuore dell’algoretica.
Meccanizzazione del pensiero: simboli e significati
Il filosofo greco Aristotele, con il suo concetto di ilemorfismo, sosteneva che ogni ente materiale è costituito da materia e forma, e che l’anima è parte della forma del corpo. Questo ci porta a chiederci: è possibile individuare un’anima o una coscienza anche nelle AI? La questione è complessa e affascinante, ma pone un problema fondamentale: la possibilità di riprodurre il pensiero umano.
La logica aristotelica e gli sviluppi medievali di pensatori come Raimondo Lullo e Pietro Ramo hanno contribuito a formalizzare il pensiero umano come una serie di procedimenti logici riproducibili. Charles Babbage, nel XIX secolo, intuì che certe macchine sarebbero state in grado di riprodurre operazioni logiche simili a quelle umane. Questo filone di pensiero portò allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, definita da John McCarthy nel 1956 come «la scienza e l’ingegneria del creare macchine intelligenti, specialmente programmi informatici intelligenti».
Durante il Medioevo, però, autori come Severino Boezio misero in luce una tipologia di logica complementare che considerava rilevanti anche i contesti delle proposizioni coinvolte nei processi logici. Questo approccio sottolinea la complessità del pensiero umano, che non può essere ridotto a semplici operazioni logiche, alla serie di procedimenti logici riproducibili di cui sopra. Comprendere significati intelligibili è completamente diverso dal catturare messaggi, come fanno i computer. I computer riconoscono i simboli, ma non comprendono il vero significato delle cose. Questo limite intrinseco dell’AI, che non ha accesso alla dimensione semantica, può portare sia a conseguenze negative che positive, a seconda dell’uso che ne viene fatto. Ad esempio, la capacità di elaborazione dati delle AI può essere utilizzata per promuovere conflitti armati, disuguaglianze economiche, cambiamenti climatici e violazioni dei diritti umani. Al contempo, può essere impiegata per opere di bene, come il miglioramento dell’uso delle risorse naturali, la ricerca e la sperimentazione di metodi di cura per malattie devastanti e così via.
Oggi, probabilmente in virtù del limite intrinseco appena descritto, l’obiettivo dell’IA è più limitato e realistico: la costruzione di macchine in grado di realizzare calcoli utili a svolgere compiti specifici, come il riconoscimento visivo e uditivo, la gestione di processi complessi e lo svolgimento di attività robotiche. Nonostante si parli ancora di AGI (Artificial General Intelligence), la sua realizzazione resta confinata nell’ambito delle possibilità remote.
L’importanza dell’Algoretica
Questo limite, l’impossibilità di accesso alla dimensione semantica ci costringe a introdurre principi etici nello sviluppo degli algoritmi, eccoci quindi all’approccio etico progettuale noto come “algor-etica”. Progettare sistemi di IA di cui ci si possa fidare implica però la ricerca di un consenso tra vari attori, dai decisori politici ai ricercatori e rappresentanti delle organizzazioni non governative. Trovare tale consenso è sicuramente un’operazione di una difficoltà estrema.
Padre Paolo Benanti ha dato ancora più forza al concetto di algor-etica, proponendo che l’uomo debba sempre essere al centro del processo decisionale. Benanti suggerisce quattro elementi chiave per le macchine: intuizione, intelligibilità, adattabilità e regolazione, quasi come un’evoluzione delle tre leggi della robotica di Asimov.
Il Santo Padre ha recepito l’urgenza di rendere l’uso dell’AI sempre più etico e insieme a esperti del settore, Padre Benanti su tutti, nel 2020 ha promosso l’iniziativa “Rome Call for AI Ethics”. Questo lavoro di ricerca di consenso sui principi etici dell’Intelligenza Artificiale coinvolge istituzioni politiche, multinazionali, accademie, organizzazioni non governative e religiose e continua a ritmi molto sostenuti ancora ai nostri giorni.
In conclusione, l’algoretica ci offre un quadro unificante per comprendere meglio le sfide etiche poste dalle tecnologie moderne, aiutandoci a navigare in un futuro sempre più tecnologico con una bussola etica ben definita.