Giallo psicologico in pillole di Marcello Vitale
Un calzino spaiato, abbandonato in un un vecchio armadio bucherellato dai tarli e buttato in soffitta, di cui il giovane proprietario, non sapendo cosa farne, si era solo parzialmente da qualche anno disfatto; non del tutto però perché era appartenuto al caro e ricco nonno che morendo lo aveva nominato suo erede universale. E così, per salvare capra e cavoli, l’armadio e il suo contenuto erano rimasti sospesi, un po’ dentro casa e un po’ fuori, in una sorta di limbo della memoria e delle cose, escogitato dal giovane proprietario che, da un lato era molto grato al nonno che gli aveva lasciato il patrimonio compreso il suo contenuto che ne costituivano una sorta di persistente proiezione, ma dall’altro si sentiva ossessivamente
condizionato da quella sovrastante e ingombrante presenza del suo deceduto benefattore, di cui non si sarebbe mai potuto congedare definitivamente come avrebbe in fondo voluto se non si fosse completamente prima disfatto di quell’armadio nascosto in soffitta col calzino spaiato dentro.
E a proposito di tale indumento, a chi il medesimo era appartenuto? Non al giovane erede che in questo caso se lo sarebbe di certo ricordato, allora quasi sicuramente era stato calzato dal vecchio proprietario del mobile che, avvertendosi vicino alla morte, aveva intenzionalmente lasciato chiuso nello stesso, in preda a feticista e istintivo moto di sopravvivenza, il calzino impregnato del proprio corpo, una sorta di minuscola e odorosa sentinella che segnalasse la sua perdurante presenza in questo mondo.