Quando si parla di sottocultura non si fa riferimento all’intera collettività, ma a una specifica parte di questa. Ciò che contraddistingue la subcultura è il fatto che i soggetti appartenenti ad essa condividono degli scopi che vengono disciplinati da un corpus di norme. Questo fenomeno è presente anche nei contesti penitenziari all’interno dei quali vigono leggi e norme non scritte che regolamentano la convivenza tra i detenuti stessi. I valori alla base della vita penitenziaria sono uniformi in ampie aree geografiche e sono il frutto dell’interazione tra i reclusi stessi. Ogni gruppo risulta essere dotato di una propria subcultura, che può porsi sia come antagonista rispetto a quella dominante, sia come fattore d’innovazione di questa, sia come elemento di sfida verso la sua supremazia. Una sottocultura, dopo essersi formata, per continuare ad esistere e perseguire il proprio scopo, deve prevedere, tra le sue principali funzioni, la trasmissione dei propri valori e ciò può avvenire per mezzo di due strumenti: la comunicazione e la socializzazione. In questo processo l’aspetto della ritualità è necessario affinché si sviluppi una socialità anche di natura gerarchica che faccia sì che la prassi penitenziaria e le modalità di conformazione che caratterizzano quel determinato gruppo contribuiscano a creare immediatamente il legame tra il neofita e la sottocultura, recidendo in qualche modo i legami con l’esterno e con coloro che, all’interno degli istituti di pena, rappresentano lo Stato. Nel caso in cui si assista ad un mutamento radicale dei valori del gruppo, conseguente a un netto distacco da quelli che precedentemente lo guidavano, come sta avvenendo nella società contemporanea, ci si troverà di fronte ad un cambiamento anche subculturale. Un esempio di sottocultura penitenziaria è il fatto che ogni contatto con i rei sessuali da parte di un cosiddetto detenuto “comune” comporta un gesto aggressivo e punitivo nei loro confronti. Viene rifiutata dagli altri detenuti qualsiasi convivenza con questi rei con la conseguente previsione, da parte dell’amministrazione penitenziaria, di apposite aree detentive, isolate e separate dal resto delle carceri, le cosiddette “Sezioni Protette”, dove vengono ubicati i detenuti imputati o condannati per reati sessuali, unitamente ad altre categorie di rei che necessitano di “protezione”, come i “collaboratori di giustizia”, i rei appartenuti alle forze dell’ordine e i transessuali. Dal momento in cui è in atto un cambiamento sociale che compete soprattutto l’aspetto morale anche all’interno dell’ambito della devianza, diviene necessario interrogarsi su quanto questo elemento possa, sul lungo termine, influenzare la subcultura criminale all’interno dei contesti penitenziari. In vista del deragliamento morale (https://www.direnewsoggi.it/deragliamento-morale/) a cui si sta assistendo e che sta competendo non solo l’accettazione, ma anche la divulgazione come vanto, di crimini una volta considerati dalla società come abietti, l’interrogativo che ci si deve porre deve necessariamente competere come questo aspetto si rifletterà sul corpus di norme subculturali all’interno delle strutture detentive nell’arco dei prossimi anni.
La trasformazione della subcultura deviante
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