LA NEUROFISIOLOGIA DELL’ AMORE

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L’amore può essere definito come un complesso stato emotivo gratificante che coinvolge componenti chimiche, cognitive e comportamentali orientate all’obiettivo, la sopravvivenza delle specie. Dal punto di vista etologico può essere visto come un sistema cerebrale dei mammiferi che si attiva per la scelta del compagno, ponendo così una base per la sua lettura fondata su basi biologiche.

Dagli studi dei circuiti neuroanatomici e neurochimici alla base dell’innamoramento è emersa una corrispondenza con le attività neurali tipiche degli stati di dipendenza. Questa analogia è riscontrabile tipicamente nella prima fase di estasi romantica. Si pensi a come, nel periodo dell’innamoramento, l’attenzione riposta sull’oggetto d’amore possa essere così coinvolgente da andare a intaccare l’attenzione nelle altre sfere di vita, come quella lavorativa. Questa correlazione è però in grado di spiegarci perché, soprattutto agli albori, l’amore sia alla continua ricerca di gratificazione. Abbiamo una produzione ad alti livelli di dopamina, norepinefrina e ossitocina, mentre quello di serotonina si abbassa e questo spiega perché vengono a crearsi pensieri ossessivi sul partner. Però, gli stessi neurotrasmettitori, sono quelli che vanno ad attivare il sistema di ricompensa nel cervello provocando sensazioni di piacere e di eccitazione, attivando la ricerca della ricompensa e andando così a creare aspettativa e anticipazione, le famose “farfalle nello stomaco”.

Dal punto di vista evolutivo abbiamo a che fare con un sistema motivazionale che ci consente di esperire quelle emozioni e quei desideri funzionali e necessari per la costruzione di un legame con un unico partner, per un periodo di tempo relativamente lungo. Esempi comuni di sistemi motivazionali sono la ricerca di cibo e di compagnia e l’evitamento del disagio fisico o psicologico. Una forma di innamoramento può essere anche quella che compete una relazione di amicizia profonda.

Il comportamento motivato nasce come risposta a degli stimoli ambientali o interni che vengono reputati sufficientemente salienti. Successivamente, questo stato di attivazione viene diretto verso una specifica risposta comportamentale. Se molto sappiamo dei circuiti neurali responsabili dell’attivazione del comportamento, ancora troppo poco si conosce relativamente alla prevalenza di uno specifico comportamento rispetto a un altro, ovvero alla direzionalità dello stesso.

Si consideri inoltre che, la dopamina, è una molecola che risulta essere centrale sia nell’innamoramento che nelle dipendenze. Entrambi gli stimoli vanno ad attivare quella che viene definita come la ”via del piacere”, producendo gratificazione intensa, ma al contempo rapida, responsabile dello sviluppo della dipendenza. Si capisce così il bisogno di stare in contatto e in relazione con il proprio oggetto d’amore.

Nell’innamoramento l’attività delle aree frontale, parietale e temporale è ridotta ed è presente un’alterazione dell’azione dell’amigdala. Queste modifiche nel loro funzionamento hanno come conseguenza una diminuzione del senso del giudizio andando a favorire l’attivazione di comportamenti impulsivi e disinibiti, andando ad alimentare il desiderio di natura sessuale.

L’attaccamento più duraturo, che è la fase successiva all’infatuazione, coinvolge un’elaborazione cognitivo-affettiva di livello più alto. In questa fase giocano un ruolo centrale l’ossitocina e la vasopressina. In una relazione sentimentale la loro produzione è aumentata dal contatto fisico, tant’è che l’ossitocina raggiunge i massimi livelli di produzione con il raggiungimento dell’orgasmo femminile, nel momento del parto e durante l’allattamento. La vasopressina è invece la responsabile della tenenza alla monogamia nella nostra specie in quanto agisce sul maschio per quanto concerne l’attaccamento a un’unica compagna, oltre che sull’istinto paterno. Risulta chiaro come, soprattutto nell’uomo, entrambi gli ormoni siano fondamentali per l’instaurarsi di relazioni profonde e stabili, nonché sull’istinto paterno.

Un rapporto duraturo instauratosi sul principio di reciprocità stimola la produzione di endorfine, gli “ormoni della felicità”. Queste potrebbero essere le responsabili della dipendenza dal partner in quanto producono effetti similari a quelli delle sostanze oppiacee come l’eroina. Questo e gli elementi antecedentemente descritti danno spiegazione di come possa esistere un pattern simile a quello della dipendenza nel momento in cui ci si lega emotivamente ed affettivamente a un altro individuo. Questo processo è fisiologico ed è presente all’inizio del rapporto andando piano piano a sfumare nel corso del tempo.