Dal 1870, creatività italiana fra Arte e Artigianato
In un’epoca in cui tutto passa attraverso la comunicazione digitale e ci si è abituati ad esperire le cose in una dimensione virtuale, riuscire ad esprimere il valore e la bellezza della manifattura è una delle sfide più complicate per chi, come noi da cinque generazioni, crea tutto manualmente; dalla progettazione di un gioiello fino alla sua realizzazione finale.
Eppure ci rendiamo conto che sarebbe assurdo demonizzare la tecnologia, il cui uso migliora le nostre vite e permette anche agli artigiani di arrivare a migliaia di persone portando l’eccellenza italiana in tutto il mondo.
Detto cio’, la tecnologia per noi rimane unicamente un “invito” a raggiungerci per vedere dal vivo un prodotto realizzato a mano. Non è possibile rendere la leggerezza di un gioiello, le sfumature di una pietra e tutte le differenze rispetto ad un prodotto seriale, finché non si entra in contatto con l’opera. Opera che presenta impercettibili imperfezioni che non sono difetti ma il racconto concreto del lavoro manuale. La sua magia intrinseca.
La perfezione della serialità si può esaltare da uno schermo, la poesia di una linea disegnata a mano e plasmata sul metallo no.
La tendenza degli ultimi decenni è quella di omologare qualsiasi oggetto e diffonderlo su larga scala. Si chiama globalizzazione. I grandi brand hanno bisogno di grandi numeri e una massa di compratori.
L’ omologazione facilità questo processo e si serve di una comunicazione massiccia, immediata e totale. Ma l’omologazione stessa, nel lungo periodo, porta ad una omologazione di pensiero.
Se tutti dobbiamo avere le stesse identiche cose, se non immaginiamo come sarebbero più giuste per noi stessi, se non coltiviamo un pensiero critico partendo già dai più semplici consumi, non riflettiamo sul valore di una spesa e di quello che sottende.
I brand che producono a macchina centinaia di esemplari investono milioni di euro in pubblicità, imponendo poi costi molto elevati sul prodotto finale.
Le nuove generazioni difficilmente si chiedono se il valore concreto di ciò che comperano sia allineato a ciò che spendono.
Infatti, quando realizzano che il prodotto artigianale arriva a costare anche meno del prodotto griffato ma seriale, rimangono spaesati.
Il focus, non è demonizzare neppure i brand, però sarebbe davvero importante che la manifattura tornasse al centro delle priorità culturali ed economiche del nostro paese; rimettendo l’artigianato su quel palcoscenico che tutto il mondo applaude, ammira e ci rende unici.
L’atto creativo è una forma mentis che va ben oltre la produzione del prodotto.
È una chance per valorizzare la materia prima, per far bene, per raccontare un’idea, per tramandare un patrimonio culturale, arrivando a consegnare fra le mani della committenza un pezzo unico ed irripetibile che dura per generazioni.
Un gioiello fatto a mano è solido, tende a non assoggettarsi alle mode effimere, quindi, trascende i tempi.
Gli artigiani non amano definirsi artisti. Non so perché. Come se questo aggettivo li allontanasse dal banco di lavoro, dal fare, dalla sostanza delle cose. Eppure se ci pensate, il lungo tempo del progettare si declina inevitabilmente nell’esecuzione artistica.
Per concludere, la manifattura è IL messaggio che va oltre il prodotto.
Ci insegna che il tempo ha un valore utile per far nascere un oggetto e non è sprecato bensì arricchito di bellezza e di poesia.
Le mani che si sporcano con gli strumenti di lavoro ci fanno entrare in contatto con noi stessi. Fare, toccare, esperire.
Il dialogo fra il pensiero e l’oggetto.
Atelier Laboratorio Rino Merzaghi di Paola e Mauro Merzaghi, orafi dal 1870