Deresponsabilizzazione, Contagio Emotivo e Deumanizzazione: Comprendere i Meccanismi alla Base della Violenza di Gruppo
Quando si parla di stupro collettivo, spesso si impiega il termine “branco”.
L’utilizzo di questo termine delegittima il singolo, suggerendo l’idea di un’entità autonoma non costituita da individui capaci di pensare e agire responsabilmente in modo autonomo. In tal modo si rinforza la delegittimazione del singolo.
Alla base dello stupro collettivo troviamo dinamiche che comprendono la deresponsabilizzazione, il contagio emotivo e la giustificazione ideologica dei membri del gruppo stesso.
Tali fenomeni si basano sulla deumanizzazione della vittima e sull’attivazione di un agito arcaico di volontà dell’uomo di dominare la donna, cornice nella quale sesso e aggressività risultano connessi. Fondamentale, al fine di comprendere le dinamiche, è l’analisi del contagio emotivo. All’interno del gruppo, le emozioni negative come rabbia, aggressività e prevaricazione si amplificano in modo incontrollato conducendo gli individui ad agire in virtù delle norme stabilite dal gruppo, non tenendo in considerazione valori e principi morali personali.
È sufficiente che un membro del gruppo agisca per innescare il processo imitativo una escalation di crudeltà. Esistono soggetti che a causa di alcune caratteristiche personali sono maggiormente inclini all’emulazione e dunque al contagio emotivo: sono per lo più persone dipendenti, conformisti e poco autonome, non propense alla presa di decisioni in autonomia e alla riflessione personale. Spesso non sono in grado di riconoscere le emozioni provate e agite. In questa situazione, la vittima e la sua sofferenza rimangono invisibili e ignorate, rendendo impossibile qualsiasi condivisione empatica che potrebbe fermare l’aggressione.
La violenza sulla donna sarebbe condotta per dimostrare a sé o agli altri la propria virilità, la quale si identifica con la sessualità predatoria e distaccata. Intervengono anche altri fattori quali la giustificazione culturale della prevaricazione sessuale maschile, la mancanza di sviluppo delle capacità di autoregolazione e di auto-riflessione, la perdita di controllo degli impulsi, la limitata capacità di comprendere le esperienze degli altri e di condividere emotivamente, la scarsa autonomia individuale e la dipendenza dal conformismo di gruppo, l’incapacità di integrare sesso e relazione personale in un rapporto equilibrato.
Queste dinamiche, che interessano principalmente i gruppi giovanili, richiedono un’analisi nel contesto educativo e sociale attuale, caratterizzato da un crescente focus sul soddisfacimento immediato dei bisogni individuali a discapito di quelli collettivi, in un ambiente di abbondanza di beni facilmente accessibili e di genitori che fanno sempre più fatica a gestire la frustrazione dei propri figli. La disponibilità immediata di tutto impedisce lo sviluppo del desiderio e la capacità di sopportare l’attesa.
Questo porta a un consumo privo di emozioni, che fa sentire i figli sia al centro del mondo con la conseguenza di anestetizzarli a causa dell’eccessivo stimolo sensoriale che ostacola la rielaborazione delle informazioni. Per queste ragioni è imperativo avviare una riflessione seria sulla revisione dello stile educativo dei genitori per evitare il proliferare dei casi di stupri collettivi sostenuti da un senso di legittimazione culturale.
Le supposizioni sessiste su entrambi i sessi, manifestate attraverso stereotipi di genere, possono promuovere la superiorità di un genere sull’altro, giustificando così comportamenti violenti come lo stupro. Questo pensiero gerarchico può essere sia consapevole e ostile che inconscio, manifestandosi attraverso pregiudizi non espliciti. Gli stereotipi vengono spesso trasmessi e assimilati in modo inconscio, quindi è cruciale comprendere il meccanismo di trasmissione per poter modificare i contenuti dei messaggi educativi.