Joseph Conrad a 100 anni dalla morte

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Il 3 agosto del 1924 sono ricorsi i 100 anni dalla morte di Joseph Conrad. Ma oggi cosa c’è ancora da dire su un autore immenso come Conrad, il quale ha segnato così profondamente la letteratura?
Su Conrad sono stati scritti fiumi di pagine, non solo da parte di critici di lingua inglese, ma di ogni lingua e tutt’oggi l’interesse verso le sue opere sembra rinnovarsi costantemente. Su di lui hanno scritto critici di ogni sorta di scuola, anche se rimane un autore modernista, può essere ascritto entro vari filoni della letteratura, proprio per la sua peculiare opera narrativa. La maggior parte dei critici cerca di ascrivere la sua opera all’interno del genere gotico. In realtà la narrativa di Conrad non è facilmente ascrivibili entro compartimenti stagni. Cercando di identificare i confini di un’estetica gotica in Conrad, i critici si trovano discordi: M. Summers, E. Birtkhead, R. Mayo, D. Varma sostengono che il genere abbia dei confini temporali ben stabiliti che comprendono il periodo dal 1764 al 1820 (Conrad, Joseph, su sapere.it, De Agostini), dunque vanno ad escludere cronologicamente Conrad da tale genere, altri, tra i quali D. Punter, F.J.Potter, C.Spooner, sostengono, invece, che il genere gotico non si sia ancora del tutto esaurito, ma abbia anzi subito un’evoluzione avviata già durante l’Ottocento (E. Baldini, Il racconto gotico rurale: il folklore come serbatoio per la narrativa di genere, in Il giallo italiano: come nuovo romanzo sociale, a cura di Marco Sangiorgi e Luca Telò, Ravenna, Longo, 2004, pp. 83-88). Il gotico che potremmo definire “classico”, per intenderci quello canonico, trovava il suo punto focale nel mistero e la paura generata nel lettore, la sua evoluzione durante il diciannovesimo secolo, sotto l’influenza delle nuove teorie della psicanalisi di Freud, si preoccupa di indagare la psicologia dei protagonisti, esplorando quelle stesse paure, cercando di addentrarsi nella psiche umana grazie allo strumento della penna. È proprio su questa nuova tipologia di gotico che si fonda l’opera di Conrad. Egli vuole indagare l’uomo e la sua psiche, i suoi vizi, le sue manie e le sue nefandezze. Un po’ come Kafka, autore quasi contemporaneo di Conrad, vuole analizzare e far emergere l’animalesco che è nell’uomo.
«Amo Conrad perché naviga l’abisso e non ci affonda». Questo il giudizio di Italo Calvino su Conrad in un suo intervento presso rivista Nuovi Argomenti nel 1959. Conrad naviga i meandri della psiche umana, senza ripercussioni, ispeziona tutto, ma rimane a galla. Nell’opera di Conrad, come in quella di tutti i grandi autori, si ripercuotono spesso istanze biografiche. Della biografia dello scrittore polacco di nascita e inglese di adozione si occupato recentemente Giuseppe Mendicino nel volume Conrad. Una vita senza confini edito da Laterza nel 2024. Il volume unisce profondità e acume il filo esistenziale e quello letterario, inscindibili in un uomo dalla vita estremamente ricca e intensa, costellata di viaggi per mare, fino ai 35 anni, e di metodica e perseverante scrittura, sino quasi alla fine della vita. A tal proposito ci vengono in ausilio le parole dello stesso autore: «Questa non è propriamente una biografia e neppure una introduzione alle sue opere: si è scelto di approfondirne solo alcune. È un invito, motivato e sufficientemente documentato, spero, a leggere i libri di Joseph Conrad» (G. Mendicino, Conrad. Una vita senza confini, Bari-Roma, Laterza, 2024, p. 6). Quella di Mendicino si può definire un’indagine propedeutica alla lettura. Tralasciando ora la biografia dello scrittore, torniamo alle peculiarità della sua opera. Conrad proprio per la novità della sua opera introspettiva e psicanalitica ebbe un’enorme fortuna sin dalle sue prime pubblicazioni. Anche in Italia gli ammiratori non mancarono. Per molti anni, erroneamente, la critica ha ritenuto che ad introdurre Conrad in Italia fosse stato Emilio Cecchi, il quale nel 1924 interveniva in Lo spettatore italiano così: «Non siamo stati in molti a scrivere intorno a Joseph Conrad in Italia. E dirò, anzi, che all’infuori di una trattazione («Idea Nazionale» 19 aprile 1924) di Henry Furst, che poi deve essere un inglese, e di quanto mi capitò di scriverne in diverse occasioni […] non ho visto altro» (E. Cecchi, L’ultimo romanzo di Conrad, in «Lo Spettatore italiano», n. 3, 1 giugno 1924). Di Furst aveva detto bene Cecchi, non era italiano e collaborava solo sporadicamente con giornali nostrani. Henry Furst fu, infatti, giornalista, scrittore, traduttore, statunitense di origine tedesca. Furst nacque a New York nel 1893, morì a La Spezia nel 1967. A lui si deve in effetti il terzo capitolo della fortuna di Conrad in Italia, dopo quelli di Placci e di Giovannetti. Oltre quello ricordato da Cecchi, Furst aveva dedicato un altro articolo a Conrad: Il poeta navigatore: Joseph Conrad, pubblicato in «L’Idea nazionale» nel 1924 (H. Furst, Il poeta navigatore: Joseph Conrad, in «L’Idea nazionale», 12 agosto 1924, p. 3). Inoltre tra agosto e settembre 1924 Furst pubblicherà in «Lo Spettatore italiano» le prime due puntate della traduzione del racconto conradiano Gioventù.
Cecchi fu uno dei primissimi recensori di Conrad in Italia, ma non il primo in assoluto. Egli aveva scritto su Conrad nell’ottobre del 1923 e nel marzo del 1924, ritornò poi su di lui in un articolo pubblicato il 18 aprile 1928 sul Corriere della Sera (E. Cecchi, Joseph Conrad, in Il Corriere della Sera, 18 aprile 1928). Il primo articolo del critico su Conrad apparve su La Tribuna, con il titolo Joseph Conrad, 20 ottobre 1923; a questo seguì Conrad! Chi era costui?, apparso in Il Secolo del 28 marzo 1924. Nella recensione, negativa, dedicata al libro di Borgese, I vivi e i morti, il Critico italiano non aveva esitato a scrivere: «sono persuaso che nessun romanziere italiano dell’ultimo cinquantennio ha scritto qualcosa che possa paragonarsi a Lord Jim, a Victory, etc., i quali, evidentemente, potrebbero essere studiati con profitto» (E. Cecchi, Libri nuovi e usati, in La Tribuna, 31 agosto 1923).
Con grande disinvoltura Cecchi si arrogava e difendeva un primato non suo. La prima recensione di Conrad apparve, infatti, in Marzocco, rivista diretta da Angiolo Orvieto, ad opera di Carlo Placci nell’ottobre del 1911 (C. Placci, Joseph Conrad, in Il Marzocco, XVI, 42, 15 ottobre 1911, p. 2), ben 12 anni prima del primo articolo di Cecchi. Tale fatto venne ricordato dallo stesso Placci a Cecchi in cartolina del 19 aprile 1928. Mentre il primo a presentare un profilo dettagliato dell’autore arricchito da diversi estratti fu Eugenio Giovannetti (E. Giovannetti, Joseph Conrad, in Il Tempo, 29 novembre 1919).
Dunque, Conrad ebbe un gran risuono anche in Italia, tanto che iniziò una sorta di disputa per arrogarsi il primato della scoperta di un autore che poi sarà tanto amato dai lettori italiani.