Con il termine Reconquista si intende la costruzione storiografica relativa al periodo durato quasi ottocento anni in cui avvenne la progressiva conquista dei regni musulmani di al-Andalus da parte degli eserciti cristiani, che terminò il 2 gennaio 1492, con la capitolazione di Granada e del suo ultimo sultano, Boabdil di Granada, sotto Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Con la caduta di Granada e l’incorporazione del sultanato di Granada si completò inoltre l’unificazione territoriale della Spagna che assunse quasi del tutto i suoi confini attuali. La Reconquista interessò anche il territorio del Contado Portucalense e del successivo regno del Portogallo, formalmente riconosciuto nel 1139 come Stato autonomo. Nel Portogallo la Reconquista terminò con la conquista dell’Algarve, completata tra il 1238 ed il 1249. Tale processo di riconquista dei territori occupati dai musulmani fu seguito da una serie di editti (1499-1526) che costrinsero alla conversione i musulmani e gli ebrei locali, i quali vennero in seguito sistematicamente espulsi dalla penisola iberica, principalmente nel 1492, con il decreto dell’Alhambra, e nel 1609, con l’espulsione dei moriscos1. Il rafforzamento del processo di Reconquista spagnola e l’inizio delle crociate sanciscono uno spartiacque fondamentale per il concetto politico-religioso della Christianitas2 dei secoli XII e XIII. Ora la lotta contro l’Islam non si combatte più sul suolo europeo, ma i confini del campo di battaglia si sono spostati in Asia Minore e in Africa, è un momento unico per allargare i confini della Cristianità. Ampliare i confini dello spazio Cristiano nel Mediterraneo, mediante uno sforzo espansivo di cooperazione degli stati cristiani, vuol dire diffondere un messaggio chiaro e forte alla popolazione, un messaggio in grado di penetrare il pensiero comune, che incida sull’immaginario collettivo e su un comune sentire. La guerra all’Islam contiene in sé rancori mai sopiti, degni di un’articolata riflessione teologica. Proprio in nome della lotta all’Islam, nei secoli precedenti in Europa vi era stata una forma di tolleranza nei confronti di altre religioni, in particolare nei confronti degli Ebrei. Tale tolleranza, più o meno diffusa in tutto il Continente, andò ridimensionandosi con l’avvicinarsi della fine del XII secolo. Mentre le relazioni con il mondo musulmano un carattere del tutto bellicoso, anche i rapporti con gli Ebrei precipitano quasi in tutta Europa portando all’allontanamento di questi da molti centri urbani3. Un cambiamento epocale come quello avvenuto in questi secoli porta con sé anche una differente percezione dell’”Altro”. Nell’immaginario collettivo medievale dei secoli XII-XIII definire l’”Altro” vuol dire anche decidere il suo destino di eterno escluso, secondo la logica del nemico interno che mina alla stabilità religiosa e della società tutta. L’Ebreo ora va ad incarnare tutto ciò, diviene il nemico interno, l’eretico, quello da combattere. Avviene, dunque, una distinzione fondamentale tra due tipologie di nemico della cristianità: quello interno, gli ebrei, e quello esterno, l’Islam4. In tal modo l’Europa di quel tempo proietta nel “diverso” tutte le sue tensioni e paure. L’identità Europea si rafforza mediante la distinzione dall’”Altro”. È proprio in tale contesto che va inserita l’opera di Pedro Alfonso di Huesca, Dialogos contra Iudaeos. L’opera rappresenta una ridefinizione ideologica e socio-antropologica dell’Ebreo e in parte anche del Musulmano. Mosché Sefaridì, alias Pietro Alfonsi, nacque intorno al 1076 nella penisola iberica. Dalle sue opere emerge una conoscenza approfondita dei testi religiosi arabi, ebraici e cristiani e di discipline secolari. Per la varietà e qualità delle sue conoscenze si può affermare che sia nato e si sia formato in al-Andalus5. Nel prologo del Dialogus contra Iudaeos dichiara di essersi convertito al cristianesimo il 29 giugno del 1106 a Huesca, nel regno d’Aragona6 e di essere stato battezzato da Stefano, vescovo di Jaca e Huesca7. Il suo nome pre-battesimale, Mosè Sefardi, indicava la sua appartenenza alla comunità ebraica spagnola. Per tale ragione in occasione del battesimo, decise di cambiare nome scegliendo quello di Petrus Alphonsi8. Riguardo all’identità del re che avvicinò Pietro Alfonsi alla fede cristiana, gli studiosi credono sia stato Alfonso I d’Aragona, essendo Huesca in Aragona. Quando Mosè Sefardi nacque, i re cattolici erano impegnati contro gli Almoravidi. Urbano II, mentre gli occidentali si dirigevano in Terra Santa (1096 e 1099), dissuadeva i Catalani a partecipare all’impresa crociata, per concentrarsi sulla riconquista di Tarragona. Nel 1096 Pietro I d’Aragona conquistò Huesca e qui vi stabilì il suo regno. Nel 1098 il Pontefice equiparò la lotta crociata contro i musulmani a quella di liberazione della Spagna: «Grazie alle forze cristiane Egli ha vinto i Turchi in Asia e i Mori in Europa, restituendo al culto cristiano città un tempo illustri»9. È questo il concetto di formazione di Pietro Alfonsi ed è in questi anni che iniziò a concepire la sua opera, Dialogus contra Iudaeos.
1 A. Vanoli, La reconquista, Bologna, Il mulino, 2009, introduzione.
2 N. Daniel, Gli Arabi e l’Europa, Bologna, Il Mulino, 1978, pp. 136-180.
3 L. Vaccaro, Storia religiosa degli Ebrei di Europa, Milano, Centro Ambrosiano, 2013, p. 34.
4 G. Cracco, Europa, Islam, Bisanzio nel Medioevo, Torino, S.E.I., 1980, p. 56.
5 M. L. Arduini, «Potere» e «ragione» nel «Dialogus» di Pietro Alfonsi (Mosè Sefardi). Linee preliminari per una ipotesi interpretativa in Rivista di filosofia neoscolastica, n. 86, 1994, pp. 219-286.
6 Il dominio arabo sul territorio si concluse nel 1096 per opera di Pietro I d’Aragona.
7 Dialogus, Praefatio (Der Dialog des Petrus Alfonsi: Seine Uberlieferung im Druck und in den Hand-schriften Textedition, ed. Klaus-Peter Mieth, Inaugural-Dissertation, Berlin Freie Universitat, 1982, p. 1.
8 M. L. Arduini, «Potere» e «ragione» nel «Dialogus» di Pietro Alfonsi (Mosè Sefardi), cit., p. 220.
9 Historia de la Iglesia en Espana, II/I. Madrid, Bac, 1982, p. 319.