Il polveriere balcanico oggi

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In questo articolo ragioneremo sugli accordi di Dayton e sulla loro reale portata dopo la conclusione del conflitto nei Balcani.

A distanza di trent’anni lo stato della Bosnia-Erzegovina si presenta ancora come una vera e propria polveriera pronta ad esplodere. Questa zona, storicamente parlando, a partire dal Medioevo sino alla recentissima contemporaneità si è sempre connotata per una forte instabilità, che si è andata accentuando nel 1990 con lo scioglimento della Jugoslavia e nel 1991 con lo scoppio della guerra balcanica.

Alla base del conflitto c’è soprattutto una forte instabilità politica, economica e sociale, che portò alla formazione di movimenti nazionalisti. Il dirigente della Lega dei Comunisti di Serbia, Slobodan Milošević, fu molto abile a manovrare tali movimenti facendo leva sull’idea di Grande Serbia.

Milošević, per ottenere ciò che voleva, utilizzò le frange violente delle tifoserie da stadio organizzate in milizie paramilitari, l’Esercito regolare della Jugoslavia socialista (l’Esercito Popolare Jugoslavo, JNA) e i dirigenti serbi dell’Alleanza Socialista di Jugoslavia (comunisti jugoslavi). In tale contesto, sostenne lo psichiatra e poeta Radovan Karadžić, criminale di guerra arrestato dopo lunga latitanza e condannato per crimini di guerra e di genocidio dal TPIY, il Tribunale ONU a L’Aia, e il lungamente Ratko Mladić, anch’egli condannato per crimini di guerra e di genocidio. Nel frattempo, Milošević nel giugno 1991 promosse prima la guerra in Slovenia e poi la guerra in Croazia, cercando di fare in tutti i modi e in tutti i sensi “terra bruciata”.

La Bosnia ed Erzegovina fu coinvolta involontariamente in tale furia bellica per vari motivi e a vari titoli. La guerra divampò subito dopo il referendum sull’indipendenza della Bosnia ed Erzegovina dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e la conseguente dichiarazione di indipendenza. Gli attori principali del conflitto furono le forze armate della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina e delle formazioni militari delle autoproclamate Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e Repubblica Croata dell’Erzeg-Bosnia.

Al conflitto parteciparono anche formazioni paramilitari, e in esso furono coinvolti anche la forza di protezione delle Nazioni Unite UNPROFOR e la NATO. Durante la guerra furono commessi molteplici crimini di guerra e atroci massacri nell’ambito di vere e proprie operazioni di pulizia etnica. Alla sua fine diede un contributo la NATO con una decisa azione militare aerea repressiva, denominata Operazione Deliberate Force, che indusse le forze serbe ad accettare la cessazione delle ostilità e partecipare alle trattative di pace a Dayton.

Giungiamo dunque ora alla pace di Dayton. Nel presente articolo ci andremmo però concentrare solo sulla situazione della Bosnia-Erzegovina, andando a tralasciare la deriva nazionalista Serba e la questione Kossovara che verranno affrontati in futuri articoli in questa rivista.
Gli accordi di Dayton furono firmati nel novembre del 1995. Gli accordi furono siglati dai presidenti Alija Izetbegovic per la Bosnia-Erzegovina, Franjo Tuđman per la Croazia e Slobodan Milošević per la Repubblica Federale Jugoslava. Gli accordi sono andati a cristallizzare il fronte di guerra, questo lo si evince chiaramente esaminando una cartina politica della Bosnia-Erzegovina.