Il gender pay gap, ossia la disparità retributiva tra uomini e donne, è una realtà ancora radicata in Italia nonostante gli sforzi normativi e le campagne di sensibilizzazione per garantire un’uguaglianza salariale effettiva. Questo fenomeno non solo penalizza economicamente le donne, ma ha anche ripercussioni significative sull’intero tessuto sociale e produttivo del Paese.
Dati aggiornati: quanto guadagnano le donne rispetto agli uomini?
Secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia le donne percepiscono in media il 12,7% in meno rispetto ai colleghi uomini. Sebbene questa percentuale sia inferiore alla media dell’Unione Europea, che si attesta al 13,2%, il divario tende ad ampliarsi in alcune fasce d’età e settori specifici.
Uno studio della Banca d’Italia ha rivelato che tra i laureati il gender pay gap è particolarmente marcato: a un anno dal conseguimento del titolo, le donne guadagnano il 21% in meno rispetto agli uomini. Dopo cinque anni, il divario cresce ulteriormente, raggiungendo il 25%. Questo dato evidenzia come la disparità salariale non sia solo un retaggio del passato, ma un problema strutturale che colpisce anche le nuove generazioni.
Perché il gender pay gap persiste?
Il divario retributivo di genere in Italia è il risultato di molteplici fattori, alcuni dei quali sono profondamente radicati nella cultura e nel mercato del lavoro. Tra le principali cause si evidenziano:
Settori di impiego e scelte di carriera: molte donne si concentrano in settori tradizionalmente meno remunerativi, come l’istruzione, la sanità e i servizi, mentre gli uomini sono più presenti in ambiti ad alta retribuzione come la finanza e la tecnologia.
Maternità e interruzioni di carriera: la nascita di un figlio ha un impatto notevole sulla carriera delle donne. Il 16% di loro lascia il lavoro dopo la maternità, contro appena il 2,8% degli uomini. Inoltre, l’80% delle richieste di congedo parentale proviene da madri, con conseguenti ripercussioni sulle retribuzioni e sulle possibilità di crescita professionale.
Sottorappresentanza nelle posizioni di vertice: nonostante qualche progresso, la presenza femminile nei ruoli decisionali resta limitata. Nei consigli di amministrazione delle principali aziende italiane, la quota di donne è aumentata dal 21,3% nel 2020 al 27% nel 2023, ma la leadership resta saldamente in mano agli uomini.
Le strategie per ridurre il gender pay gap
Negli ultimi anni, l’Italia ha introdotto misure legislative e aderito a iniziative europee volte a ridurre il divario retributivo. Tra le principali strategie adottate vi sono:
Maggior trasparenza salariale: una nuova normativa impone alle aziende con almeno 50 dipendenti di pubblicare report dettagliati sui salari, così da individuare e correggere eventuali disparità.
Direttiva europea sulla parità salariale: recentemente l’UE ha varato una normativa che punta a rafforzare la trasparenza degli stipendi e a garantire che le retribuzioni siano stabilite sulla base delle competenze e delle mansioni, e non del genere.
Incentivi per il lavoro femminile: il governo ha avviato programmi di sostegno all’occupazione femminile, con agevolazioni fiscali per le aziende che assumono donne e misure per favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro.
Nonostante gli interventi normativi e una crescente consapevolezza del problema, il gender pay gap in Italia resta una sfida aperta. La parità salariale non è solo una questione di equità, ma un motore per la crescita economica e sociale. Per raggiungere questo obiettivo, occorre un impegno congiunto di istituzioni, aziende e società civile, affinché il merito e le competenze siano finalmente gli unici criteri su cui basare le retribuzioni.