La COP29 di Baku si è conclusa con forti critiche e un accordo controverso sulla finanza climatica. L’obiettivo finale di 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035, pur rappresentando un incremento rispetto ai 100 miliardi precedenti, è stato giudicato largamente inadeguato da molti attori internazionali, in particolare dai Paesi in via di sviluppo, che avevano richiesto finanziamenti ben più consistenti per affrontare la crisi climatica.Critiche e delusioni globali Attivisti e rappresentanti delle nazioni più vulnerabili, tra cui Greta Thunberg e Tina Stege delle Isole Marshall, hanno definito l’accordo un “fallimento di leadership” e un “tradimento”. La bozza è stata accusata di essere piena di false soluzioni e promesse vuote, senza garantire i fondi necessari per riparare il “debito climatico” del Nord Globale. L’India ha duramente contestato il processo decisionale, definendolo non trasparente e criticando la rapidità con cui è stato approvato l’accordo, ignorando richieste di discussione.
Un primo passo, ma non abbastanza
Il segretario esecutivo dell’UNFCCC, Simon Stiell, ha descritto l’accordo come una “polizza assicurativa” che lascia comunque una montagna di lavoro da fare. Nonostante le critiche, il commissario europeo per il clima Wopke Hoekstra ha cercato di presentare il risultato come l’inizio di una nuova era nella sfida climatica globale, citando anche progressi sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi relativo ai mercati del carbonio.Prospettive future La “Roadmap da Baku a Belém” mira a mobilitare 1.300 miliardi di dollari entro il 2035, promuovendo finanziamenti attraverso sovvenzioni e strumenti non basati sul debito. Tuttavia, rimane da vedere se questi impegni verranno realizzati e se saranno sufficienti a rispondere all’urgenza della crisi climatica. Un altro segnale preoccupante è la crescente polarizzazione tra le nazioni industrializzate e quelle vulnerabili, che minaccia la cooperazione globale necessaria per affrontare le sfide climatiche.