E’ un fenomeno talmente evidente che ormai quasi non si sa più se accettarlo o farsene ancora caso, almeno osservando gli altri in una qualsiasi situazione quotidiana, ma noi stessi compresi, pure se pensiamo di esserne esenti.
Il massivo uso del cellulare e di quanto propone, di quanto ci influenza, ma anche di quanto ci serve indispensabilmente è un tema sempre dibattuto e attualissimo.
I social, sono i principali vettori informativi di immediata risposta e accessibilità che offrono l’opportunità di interagire con gli altri, con le notizie, con le informazioni, col consumo.
Come tutti i mezzi accessibili a tutti, anche a coloro i quali non hanno una etica comportamentale adeguata, si pone il problema “dell’uso degli strumenti”.
Tanto è che questa epoca, al proposito, conia, fra i vari, un inglesismo come HATERS (odiatore).
Procedura attraverso la quale si esprime disprezzo, rabbia, violenza, invidia e logicamente odio, più facilmente e codardamente da dietro lo schermo di un device.
Con una notevole tolleranza da parte dei Creators dei social (che vivono d’interazioni), si arriva a confondere e peggio ad accettare la liquidazione sommaria del concetto del limite annacquando il concetto del diritto alla libertà di espressione pensando che, lo stesso, significhi zero censura sempre e su tutto, quando invece tale ultimo citato diritto ha dei limiti etico-legali che l’utente medio pensa, in maniera comoda ed egotica, di bypassare ignorando valenza e significati, ed elasticizzandone secondo proprio interesse l’uso.
Spesso, questo tipo di utente frustrato e tolto troppo presto da scuola, è il più sfrenato frequentatore e divoratore di post verso i quali rigurgitare un ipotetico diritto senza confini che non gli par vero di aver acquisito semplicemente avendo aperto un canale gratis recante un sogno: quello di uscire dal totale anonimato e dichiarare “male” al mondo che esiste anche lui.
Il megafono però non fa altro che amplificare chi sei.
Ogni tanto qualcuno prende una querela per diffamazione , spesso sgamato seppur nascosto dietro profili anonimi, fingendo mea culpa, strumentalizzando in modo benaltrista diritti che non conosce o, reincarnandosi per l’occasione, in un surrogato di Socrate “sapendo di non sapere”.
L’avvento di questi social che ci mettono a testa bassa ogni qualvolta siamo in un momento di solitudine o peggio in compagnia, hanno avuto un drammatico impatto sulla socializzazione, sulle relazioni, sulle amicizie e, nelle nuove generazioni, perfino sui rapporti amorosi alla fine dei quali non ci si confronta più ma ci si lascia con un sms, eludendo una crescita seppur dolorosa, o usando il Ghosting (sparendo dopo un sms), arma tremenda di violenza psicologica sulla quale bisognerebbe approfondire quante derivazioni malsane relazionali scatena…
Il problema è che il click non può sostituire: amore, amicizia, fiducia, tempo, investimento emotivo, empatia, fisicità, contatto, responsabilità ecc. ci siamo capiti insomma.
Il phubbing, ovvero l’atto di snobbare interlocutori, amici al tuo stesso tavolo e tutto il mondo al di fuori dei confini dell’oggetto cellulare, quando lo subiamo, ci può far notare quanto sia per niente inclusivo, insopportabile ed evitante questo modo acquisito di non saper vivere le relazioni reali e umane, oggi.
Diffamazione, insulti, anonimato, dignità lese, cyberbullismo e così via, sono metastasi correnti in rete, che penalizzano il grande valore che questa forma di comunicazione ecumenica e democratica, mai vista, potrebbe avere se solo si capisse che come principi base delle tecnologie avanzate sono ancora attuali ispirazioni che esistono, funzionando, da millenni.
Oggi, l’etica comportamentale on line ha un nome : NETIQUETTE. Fusione dei termini network ed etiquette, facilmente interpretabile ma poco seguìta.
Ecco che allora il valore social della tecnologia moderna si rivelerebbe in tutta la propria funzione, cioè quella di permettere forum proattivi, reti sociali, diffusione della cultura e delle news, educazione cibernetica, conoscenza allargata e alla portata di tutti, connettendo e creando una comunità virtuale utile e inclusiva, anche per i più anziani e i fragili aiutandoli nel combattere un pericoloso isolamento sociale.
Ma tutte queste norme, come anticipavo, le segnala già da qualche millennio un certo Aristotele, con una locuzione ancora bella fresca, portante con se un significato profondo e articolato circa la ricerca di equilibrio nelle cose e nei giusti valori:
“In medio stat virtus”
CALDERONE SOCIALNETWORK, TUTTI A TESTA BASSA.
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