Quando lo sport diventa una trappola
Questo delicato tema evergreen coinvolge sport, aspetti psicologici e una buona dose di responsabilità sociale.
I più datati sanno bene che la ludopatìa nel calcio non è cosa nuova.
Era già esplosa con implicazioni varie agli inizi degli anni 80 col TOTONERO ossia il primo vero grande scandalo sportivo e caso giudiziario-mediatico attraverso il coinvolgimento, su più livelli, di molti protagonisti di allora; puniti severamente, assolti e in qualche caso riabilitati poi, come campioni ai mondiali di Spagna nel 1982.
E così, fra combine, manette messe direttamente sui campi di gioco, magistratura all’attacco e partite truccate, un vizio fra i grandi vizi umani non ha ancora perso la propria nefasta influenza, nemmeno sulle new generations, vedi cronaca recente.
Sono giovani e ricchi, a volte con un livello di istruzione incompleto, molta impreparazione alla vita.
Difficile dire se questa piaga è originata da abitudini legate alla ricerca di adrenalina, a quel senso irresponsabile e immaturo di delirio di onnipotenza, allo sfogo, alla incapacità di valorizzare il denaro facile e il successo, piuttosto che credere nella vera funzione dello sport.
Allora perché lo fanno? Perchè continuano ben sapendo di mettere a repentaglio ogni genere di credibilità personale e valori alti ai quali si dovrebbero ispirare?
Proprio per quelle miscele esplosive.
Soldi facili, tempo libero, pressione, solitudine, superficialità ecc.
Per molti ragazzi giovani e giovanissimi il clamore, la fama immediata e l’ inconsistenza educativa possono creare situazioni di ingestibilità; compreso un sistema-spogliatoio che vive di adrenalina sbagliata, nel quale o sei dentro o sei fuori. Un’ isola in cui il gioco d’azzardo è un’ulteriore boost emozionale, del quale però non riescono per i motivi citati, a stimarne pericolo e conseguenze.
Il susseguirsi di emozioni uniche e fortissime è una droga psicologica che può facilmente spingere a costruirsi un mondo che va a mille, ovunque.
Aggiungiamo pure a tutto questo una sorta di sindrome napoleonica dovuta alla super-considerazione, più o meno a orologeria, dei tifosi e della società…
Attenzione ! Ecco che proprio qui arriva la grande trappola.
Un giorno sei una promessa del calcio, l’idolo dei tifosi. Il giorno dopo ti ritrovi a nascondere perdite, debiti, a inventare bugie.
Si sono visti talenti veri farsi rubare l’anima intera dal vizio; passando da calciatore di successo a dipendente che cerca la prossima dose. E allora che ti abbandonano tutti sul serio, ti isolano, ti condannano, ti bruciano.
Le società tagliano i ponti e i contratti, i procuratori fuggono.
Resta un buco nero che ti attira sempre più nella sua orbita.
Sebbene esistano regole che vietano le scommesse, esistono piattaforme illegali che rendono difficile il controllo.
L’AIC (Associazione Italiana Calciatori) dice che il problema è generazionale e richiede campagne educative mirate per prevenire la ludopatia tra i giovani.
Avrei da ridire su questo, non sulla formazione bensì sulla questione generazionale…
Il gioco d’azzardo è un’industria redditizia, e spesso le misure preventive sono ostacolate da interessi trasversali ben più vasti, inoltre l’uso delle nuove piattaforme online illegali rende più difficile il monitoraggio e l’applicazione delle leggi.
Le famiglie e i club sono i principali deputati alla promozione valoriale ed educativa.
I primi investendo sulla costruzione solida del giovane uomo in primis pensando meno al calciatore che si spera diventi. I secondi fortificando una scuola sportiva che promuova esempi positivi e d’ispirazione (ex campioni dal passato dal presente specchiato), supporto psicologico, regolamentazione e controllo adeguati.
“Il calcio non è solo uno sport, è una parte della vita.”
Edson Arantes do Nascimento detto PELE’