Il termine “positivo” è nettamente antecedente alla sua teorizzazione durante il “positivismo”. Il termine era già in uso nell’Antica Roma, ad esempio Aulo Gellio lo utilizza a proposito di dare nomi, per far sostenere in una perifrasi di un dialogo che «nomina non positiva esse, sed naturalia» (A. Gellio, Notti Attiche, traduzione e note di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli, 1992, X, 4). In questo contesto, il termine “positivo” permette di pensare a ciò che è istituito da una volontà, in opposizione a ciò che è per natura, ovvero a ciò che è sempre stato così per volontà naturale, prima che l’uomo intervenisse andando a modificarne il corso. Per comprendere realmente tale accezione del termine nel mondo latino dobbiamo immaginare un atto, quello della volontà, poi l’effetto di questo atto: ciò che è stabilito, il “posto”, dunque il positivo. Si nota immediatamente un senso derivato da “positivo”.
La presente premessa serve a far comprendere al lettore come il positivismo di Auguste Comte derivi proprio da tale concetto e non da quello classico. Ma chi fu Comte e perché fu tanto importante per il positivismo europeo? Egli nacque a Montpellier il 19 gennaio del 1798, in una famiglia di stampo monarchico e cattolico. Giovanissimo si trasferì a Parigi per frequentare le lezioni presso la Scuola politecnica. Proprio da queste lezioni derivò la sua impronta prettamente scientifica che contribuì enormemente a influenzare le sue elaborazioni successive. Terminata la scuola, inizialmente si dedicò all’insegnamento privato della matematica e diventò prima allievo e poi strettissimo amico e collaboratore di Saint-Simon. Dopo un periodo di grave crisi, causato dalla fine del matrimonio e dall’interruzione delle lezioni, la sua produzione letteraria ebbe una svolta “religiosa” e giunse alla notorietà e al successo. La svolta per così dire “religiosa” consisté nell’iniziare a provare, nei confronti della scienza, un atteggiamento fanatico, di totale e incondizionata fiducia. Si dichiarava, a tal proposito, il profeta di una nuova religione che doveva rifondare la società: bisognava abbattere i vecchi dogmi e sostituirli con nuovi. La scienza era ora l’unica direzione verso la quale l’umanità doveva tendere (S. Roedner, Positivismo: Comte, Stuart Mill, a cura di Marco Onorato, Aristoniani, 1976, videoregistrazione, minuto 5:45 – 12:05).
Secondo il Filosofo francese, se positivo vuol dire “posto”, sottintende “relativo”, poiché strettamente legato alle alee della volontà, dei luoghi, degli spazi e dei tempi. Nell’opera di Comte la volontà gioca un ruolo fondamentale, nel senso che la volontà è una relazione relativa e gioca costantemente sui due tavoli del senso comune:
relativo = essere in relazione
relativo = opporsi ad assoluto
Comprendiamo immediatamente come “relativo” rinvii alla relazione di tutte le cose che non hanno caratteristiche assolute, cioè la relazione tra gli oggetti reali conoscibili dell’uomo, il quale è l’essere relativo per eccellenza. Uno dei dogmi di Comte fu proprio quello basato sulla relatività del tutto. È proprio questa relatività del tutto ad essere alla base del positivismo di Comte, senza questa accezione esso sarebbe incomprensibile. Il pensiero comtiano però evolverà sino a scacciare la volontà stessa ritenuta troppo esteriore, troppo casuale.
Nel concepire il suo pensiero positivo, Comte subì l’influenza dei grandi pensatori del diritto che nel XVII iniziarono a giocare con le nozioni di diritto positivo e diritto naturale. Questi arrivarono a sviluppare alcune riflessioni sui loro complementi e sulle loro contraddizioni e li valorizzarono per presentarne l’affascinante esercizio intellettuale dei patti e dei contratti sociali. La gerarchizzazione dei termini naturale e positivo, la loro possibile dissociazione e la loro netta contrapposizione permettono di generare il positivismo che conosciamo noi oggi. Le opere di Hobbes, Bacone, Montesquieu, Leibniz e Rousseau fanno riferimento a tali categorie e andranno ad influenzare il pensiero di Comte. La vera opposizione tra naturale e positivo fu filtrata dai primi, ma ideata e praticata da Comte. Il positivismo come lo conosciamo oggi, è sì frutto del pensiero di molti filosofi, ma soprattutto di Comte.
All’origine del concetto del “positivismo”
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