MA LASCIA ANDARE…

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Shouganai, ovvero la filosofia dell’accettazione che insegna a vivere meglio. Così la chiamano quei gran filosofi dei Nippon.

Il “lasciar andare” è uno fra gli aspetti più importanti per la propria igiene mentale e fisica ma anche fra i più difficili da attuare. Eppure, nonostante te lo dicano con grande noncuranza e apparente dominio delle situazioni (quelle rare volte che qualcuno ti ascolta) quasi nessuno, su se stesso, è capace di realizzare ‘sta regola filosofica.

L’accettazione dell’inevitabile dovuto a una perdita, a un abbandono o a un qualsiasi avvenimento imprevisto, frustrante e stravolgente risulta spesso ingestibile o, se va bene, quasi impossibile da digerire per lungo tempo o addirittura per sempre. E allora sono guai.

Alcuni popoli, fra i quali il citato in testa, riescono a concepire meglio con maggior accettazione questo assoluto indigesto grazie (si fa per dire) a filosofie di vita profondamente radicate in millenni di eventi spesso naturali e violenti contro i quali nulla si può, se non imparando ad accoglierli come parte integrante della vita. Vedi guerre, terremoti, tsunami, cataclismi naturali e altre avversità. Certo che lo Shintoismo pure un po’ aiuta.

Dobbiamo quindi, secondo questa saggia ma conflittuale filosofia di vita con noi stessi, ammettere che abbiamo dei limiti nel controllo, nella gestione, nella lotta della vita; scegliendo più efficacemente l’adattamento.

L’ enorme e sfidante capacità di “lasciar andare” è legata a una serie di fattori vincolanti dipendenti dalla nostra psicologia, dalla nostra emotività e dalla nostra stessa costruzione biologica ed educativa. Questa faccenda si complica ancor di più nei rapporti umani.

Quando sviluppiamo legami fondati su profondità affettive, esperienze importanti (amore-amicizia…) e routine rassicuranti; emotività e chimica (con rilasci di ossitocina e dopamina) ci legano fortemente al prossimo, rendendo l’eventuale distacco forzato o violento, doloroso anche fisicamente. Quì sta l’inganno: Stavo benissimo…non voglio lasciare andare. Il mio cervello si rifiuta di lasciare…E allora vai di insistenza, stalking, sofferenza del rifiuto, non accettazione dell’abbandono o della fine… e tutto quanto di tossico si viene a creare. Se poi si è ghostati, il trauma può diventare ossessivo, portando a una resistenza psicologica tanto pericolosa e inutile quanto irrecuperabile.

Se non bastasse, si ha la tendenza a idealizzare in positivo i momenti migliori delle epoche, dei rapporti, delle esperienze; compreso come si pensa – o meglio- si ipotizza sarebbe potuta andare. Annacquando i momenti negativi e la dura faccia della realtà fatta di situazioni significativamente gravi e differenze o limiti caratteriali contro i quali spesso nulla si può o si poteva.

Altro aspetto che ci rende difficile il “lasciar andare” è la paura. Che sia “il dopo”, l’ignoto o la solitudine quella brutta; non cercata, imposta, atavica, fatta di vuoto e buio.

La speranza invece della Regina Turandot Pucciniana (quella che delude sempre) è un’altra componente che ci illude su quanto le cose o le persone possano cambiare grazie ai nostri sforzi. Tale distorsione ci spinge piuttosto che ammettere il fallimento della situazione, a riporre fiducia in un miglioramento ipotizzato e auspicabile che spesso non arriverà.

Conclusioni: accettazione sebbene difficile, controllo fino a un certo punto, ammissione della ineluttabilità delle cose della vita, presa di distanza dal passato, disillusione su ciò che avrebbe potuto essere, tempo da investire meglio, confessioni meglio mirate verso persone meglio scelte, consulenze professionali quando la cosa si fa seria, amore per se stessi e altro, sono i nemici-amici coi quali fare i conti.

Facile a dirsi, difficile da fare.

Dulcis in fundo, il tempo, che è l’unico crudo e assoluto amico, a mio avviso, a modo suo e secondo i suoi asciutti dictat, ti fa vedere le cose per come sono veramente indicandoti la via.

Devi saperlo leggere, cosa che ovviamente, io almeno, non sono ancora riuscito a fare come vorrei.

Però Lui, ha già visto e sentito cose che tu spesso non hai né visto e né sentito.

Forse serve ancora più tempo.