“La Cultura Mangia la Strategia a Colazione”: Il lecchinaggio aziendale, un paradosso da estirpare

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Il lecchinaggio è una delle dinamiche più sottovalutate ma pericolose in ambito aziendale. Dietro sorrisi forzati, complimenti esagerati e un costante compiacimento verso i superiori, si nasconde un comportamento che mina le fondamenta della meritocrazia e altera profondamente il clima lavorativo. In apparenza innocuo, il lecchino agisce come una sorta di “agente destabilizzante” in grado di trasformare un ambiente collaborativo in uno spazio di rivalità, sfiducia e inefficienza.

Quando un dirigente, per miopia o convenienza, non riconosce la presenza di questa figura e il danno che può arrecare, l’azienda inizia un lento declino. La realtà viene distorta: problemi reali vengono nascosti, decisioni tecniche vengono scavalcate da logiche politiche e i migliori talenti si trovano demotivati, se non del tutto esclusi. Il lecchinaggio, infatti, crea una gerarchia parallela dove non sono competenze e risultati a garantire la crescita, ma la capacità di compiacere e manipolare.

Il principale rischio per un dirigente miope è proprio l’alterazione della percezione. Circondarsi di persone che dicono solo ciò che si vuole sentire porta a perdere il contatto con la realtà operativa e con i problemi veri. Decisioni strategiche cruciali vengono prese basandosi su informazioni falsate, mentre chi avrebbe potuto offrire una prospettiva critica e costruttiva viene silenziato o marginalizzato. La leadership perde credibilità, e l’azienda paga il prezzo in termini di produttività, innovazione e clima interno.

Gli effetti tossici del lecchinaggio si manifestano anche tra i dipendenti, generando una cultura del sospetto e della competizione malsana. I collaboratori iniziano a percepire che i loro sforzi e risultati non contano, e che la chiave del successo risiede nel conformarsi a un sistema di favoritismi. Questo porta a una progressiva disaffezione, a un calo della motivazione e, nei casi peggiori, a un aumento del turnover. I migliori professionisti, incapaci di tollerare un ambiente in cui il merito non viene valorizzato, abbandonano l’azienda, portando via competenze ed esperienza preziose.

Ma non tutto è perduto. Contrastare questa dinamica è possibile, a patto che vi sia una leadership consapevole e orientata al cambiamento. I dirigenti devono essere i primi a riconoscere il problema e a combatterlo attivamente. Questo significa adottare politiche di trasparenza e meritocrazia, incentivare un dialogo aperto e premiare la capacità di portare valore reale all’azienda. I feedback regolari, i sistemi di valutazione oggettivi e l’attenzione alla cultura aziendale sono strumenti fondamentali per creare un ambiente in cui il lecchinaggio non trovi terreno fertile.

Un altro aspetto cruciale è educare i dipendenti al rispetto reciproco e alla collaborazione, creando una cultura aziendale che valorizzi il contributo di ciascuno. Come diceva Peter Drucker: “La cultura mangia la strategia a colazione.” Non importa quanto siano ambiziosi i piani strategici di un’azienda; se la cultura aziendale è corrotta da dinamiche tossiche come il lecchinaggio, il fallimento è inevitabile.

Un ambiente di lavoro sano non è solo un obiettivo morale, ma una necessità strategica. Dove regna la trasparenza, i talenti prosperano, le idee si moltiplicano e l’azienda può crescere in modo sostenibile. Liberarsi del lecchinaggio non significa solo migliorare la performance aziendale, ma anche restituire dignità e autenticità alle relazioni professionali, creando uno spazio in cui ogni collaboratore si senta valorizzato e rispettato.

In un’epoca in cui la competitività è legata non solo ai risultati finanziari ma anche al benessere delle persone, la sfida più grande per ogni azienda è costruire una cultura che premia il merito, accoglie la critica costruttiva e scoraggia ogni forma di manipolazione. Perché, alla fine, è la qualità delle persone e delle relazioni che definisce il successo di un’organizzazione.