Com’era una biblioteca medievale? A spasso in quella di San Giacomo della Marca

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In alcuni precedenti articoli ho parlato di lettura e biblioteche oggi. Ma facciamo un passo indietro, come erano quelle medievali? Sicuramente ci è capitato di sentir parlare di allestimenti di nuove biblioteche secondo i canoni della biblioteconomia moderna, è interessante vedere come erano invece allestite le biblioteche religiose a cavallo tra medioevo ed età moderna, perciò oggi andremmo alla scoperta di quella di San Giacomo della Marca.
Il fatto che San Giacomo della Marca fosse un coltissimo lettore e raccoglitore di codici è cosa ben nota. Le vicende legate alla sua leggendaria “libraria” sono alquanto intricate e sono state ben studiate da padre Dionisio Lasic’, da Giacinto Pagnani e in parte in relazione ai codici danteschi anche da Febo Allevi, ma alcune questioni basilari ancora non sono state sciolte. Per ricostruire la collezione libraria del Santo, bisogna partire dalle tabulae redatte da San Giacomo stesso e che conterrebbero tutti i suoi libri. Un errore commesso nella storiografia passata è quello di pensare che le tabulae fossero tre (G. Pagnani, Alcuni codici della Libraria di S. Giacomo della Marca scoperti recentemente, in Archivum Franciscanum Historicum, 45, 1952, pp. 4-8; F. Allevi, Dante e la Marca (a proposito delle note dantesche di S. Giacomo della Marca, in Picenum Seraphicum, 1968, p. 88). Delle tabulae redatte dal Santo ci siamo già occupati in precedenti articoli. Cerchiamo ora di capire, invece, come questa fosse stata organizzata nel corso degli anni. Per prima cosa va detto che il Santo amava profondamente la sua collezione e ne era gelosissimo. Un esempio di tale amore è costituito dalla vicenda legata all’acquisto della Summa Hostiensis redatta da Enrico di Susa nel 1271. Egli, dopo aver ricevuto in dono 13 ducati d’oro dal duca di Urbino, Federico, cercò di acquistare tale opera nel sud della Marca, non riuscendoci, incaricò un confratello di Urbino. Il frate incaricato però acquistata l’opera, decise di tenerla per sé. Così San Giacomo si rivolse al cardinale Domenico Capranica, suo caro amico, che lo indirizzo verso papa Nicolò V, il quale impose al fraticello di ridare l’opera a Giacomo (R. Sassi, Documenti sul soggiorno a Fabriano di Nicolò V e della sua corte, Ancona, 1955; Archivio provinciale dei Frati Minori di Falconara Marittima, Fondo Lauretano, Miscellanea di Mss. 1, cc. 11r-11v). La libreria del Santo era pluridisciplinare, al suo interno con estrema meticolosità egli organizzava il sapere. Si andava dalla storia antica greca e romana, alla letteratura cristiana classica, passando attraverso agiografie, biografie di filosofi, bibbie, libri di preghiera e sui sermoni autografi, ma anche letteratura. Tra questi i più celebri sono sicuramente il codice M 0, il codice 17 e i codici 21, 47, 49, 51 e 53. Purtroppo il tempo e le circostanze non sono stati troppo magnanimi con la preziosissima “libraria”. Ricordiamo in questa sede l’asportazione del 1777 e quella del 1841. Dei 181 codici riportati nelle Tabulae Librorum del Santo ne rimangono solo 61. Seppur divisi, parte dei codici non riunificata nella Biblioteca dedicata al Santo e ubicata a Monteprandone, sua terra natia, sono ben conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (18 codici) e presso la Biblioteca Francescana di Falconara Marittima (20 codici). Prima di morire il Santo si era rivolto al pontefice Pio II per far sì che si prendesse cura della sua “libraria”. La lettera originale è conservata oggi presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, all’interno del codice VI-A, carta 585 verso. Il Pontefice decise così di istituzionalizzarla con la Bolla Ob sacrae Religionis sinceritatem, del 4 dicembre 1462. Il documento è oggi conservato presso la Biblioteca Francescana di Falconara Marittima. La Bolla papale, tra le tante clausole, ne prevedeva una che permetteva la scomunica immediata di chi prendeva libri in prestito senza restituirli: «finito hujusmodi anno teneantur, quatenus comode poterunt sub eamdem excommunicationis paena libros sibi commodatos ad eamdem librariam reportare». La custodia della Biblioteca fu affidata a un laico e tre religiosi. Tutto ciò dimostra chiaramente quanto il Santo tenesse alla sua collezione libraria. Molti di questi volumi sono stati annotati dalla mano stessa del Santo. Queste le parole di un frate che lo conosceva bene nel descriverlo dedito allo studio: «Quisto de continuo studiava di et nocte et sempre che potesse dire et fare che fosse honore de Dio et del prossimo; et per questo ipso de s’affatigava di et nocte in oratione et sempre studiava, pensava che potesse far che fosse honore de Dio et del proximo, et desiderava essere predicatore no’per altro se no’fare lo honor de Dio et chosa che fosse salute de le anime» (Venanzio, codice vaticano latino 10501, Zara, Sgattoni, 1940, cap. 6). Continua poi al capitolo 13: «Li libri che Luy usava, maiore parte se li aveva scripti luy con la sua mano, et con le soi mano se gli ligava et acconciavaselli luy poveramente per non fare nulla spesa; et ciò che faceva et ogni sua cosa riluceva de povertà et tucto se gloriava quando li mancava qualche cosa». Questo passaggio risulta fondamentale dal punto di vista codicologico e biblioteconomico, bisogna ricordare che ci troviamo in un periodo pre-stampa, dunque, i libri erano manoscritti e chi non poteva permettersi di rivolgersi ad una bottega che li produceva, come San Giacomo, doveva vergarseli e rilegarseli da sé. Il Santo è alla continua ricerca di nuovi codici da acquistare o copiare. Giacomo era aperto ad ogni tipo di sapere, tra le altre cose nella sua “libraria” troviamo un corano commentato da lui stesso (Exctracta ex Alchorano, M3, Biblioteca Francescana di Falconara Marittima). Ma ancora troviamo il commento al libro di Giovanni Damasceno (codice M9, Biblioteca San Giacomo della Marca di Monteprandone). È minuziosamente appuntato anche il Formulario rituale che utilizzava per le sue orazioni (codice 12 della Biblioteca San Giacomo della Marca di Monteprandone). Anche il codice 36, Sancta Maria Virgo perpetua è appuntato dalla sua mano presso la carta 3 verso. Nel codice 46 bis ha invece scritto un nuovo sermone per la cura delle anime all’altezza della carta 95 recto. Ancora nel codice 20 appunta il salmo dedicato all’officium defunctorum. Il patrimonio oggi rimasto, seppur diviso in tre Biblioteche (Vaticana, Falconara Marittima e Monteprandone), ci permette di ricostruire la cultura, i gusti e in parte la personalità del Santo.
Va inoltre detto che tra 2011 e 2012, si sono registrati segnali di interessamento ai codici di San Giacomo da parte di studiosi del francescanesimo. Tra questi vi è Antal Molnar, direttore dell’Accademia Culturale Ungherese in Italia, che nel novembre 2011 ha visitato Monteprandone e il museo civico (C. Cinciripini, I codici di San Giacomo della Marca conquistano l’Ungheria, in Riviera Oggi, 4 novembre 2011.) A partire dal marzo del 2012 è iniziata una prima ricognizione dei codici da parte dell’Università degli Studi di Bari. Alcuni docenti si sono recati più volte a Monteprandone, acquisendo per la Biblioteca del Dipartimento il catalogo intero dei codici e gli atti degli ultimi due convegni dedicati al Santo.