IL RAPTUS NON ESISTE

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Il raptus non è una patologia psichiatrica, ma un termine utilizzato per indicare una manifestazione estrema di alcuni disagi o di malattie pregresse che culminano in una sorta di annebbiamento mentale. I media utilizzano tale lemma in maniera inappropriata per descrivere degli agiti che in realtà sono messi in atto da persone affette da Disturbi di Personalità o da stati emozionali complessi denotati da una componente di ordine patologico, ma che non li privano della capacità di intendere e di volere, ovvero della competenza di valutare e di decidere. La capacità di intendere è compromessa nel momento in cui è presente uno stato confusionale e delirante che porta a perdere il contatto con la realtà circostante. La capacità di volere concerne invece il commettere o l’evitare un’azione. Ed è proprio qui che ravvisiamo un’alterazione del funzionamento decisionale, dipendente da gravi e importanti alterazioni del campo affettivo e dell’umore. Attribuendo il termine raptus a persone che commettono atti violenti si induce l’idea che queste ultime siano affette da disturbi mentali. Implicitamente viene creata un’associazione tra condotta violenta e disturbo psichiatrico che fornisce una visione che va a giustificare l’autore del delitto e che persuade a credere che, chi è affetto da patologia psichiatrica, sia una persona socialmente pericolosa. È difatti davvero raro che un malato di mente metta in atto degli agiti di natura violenta, solitamente sono loro ad essere le vittime e non i carnefici. La parola raptus andrebbe eliminata dai racconti di cronaca, non è un costrutto esistente dal punto di vista psicopatologico e il suo utilizzo implicitamente consente di giustificare atti dettati da crudeltà, violenza esplosiva, prepotenza e prevaricazione. Si dovrebbe iniziare a parlare di crudeltà, aggressività e consapevolezza. Un altro elemento che dovrebbe essere reso chiaro e noto è il fatto che le persone affette da psicopatologia sono spesso inconsapevoli o tendono a minimizzare il proprio stato di infermità, anche fosse solo per evitare un ricovero psichiatrico. La tendenza a dichiararsi in uno stato delirante o allucinatorio nel momento in cui si commette un delitto, riguarda prevalentemente le persone “sane”. Le condizioni che conducono all’impossibilità di agire un controllo nei confronti di determinate pulsioni sono riconducibili a disturbi deliranti acuti che si manifestano in persone affette da: Disturbo di Personalità, spesso come conseguenza di un evento psicotraumatizzante o in presenza di sintomi quali disforia e impulsività, condizioni tipiche dei Disturbi di Personalità Paranoide, Antisociale o Narcisistico; Disturbo di Personalità Borderline e Disturbo dell’Umore Ciclotimico; abuso di sostanze. Si consideri inoltre che l’abuso di sostanza consiste in un’aggravante e non in un’attenuante. La tendenza ad associare il crimine violento alla follia è un meccanismo di difesa che scatta per non accettare che il pericolo è alla portata di tutti. Questo elemento è ingannevole e soprattutto conduce al rinforzo di quegli elementi che, se non presi in considerazione, distolgono l’attenzione da comportamenti che possiamo riconoscere come disfunzionali nel prossimo. È difficile accettare che delitti violenti possano essere commessi da persone “normali”, ma è proprio il farlo che consente potenzialmente di salvare delle vite.