Calamandrei e il potere giudiziario: storia costituzionale

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Era il novembre del 1946, quando Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, esprimeva il suo dispiacere per il ritardo nella consegna del progetto costituzionale da parte della Commissione all’Assemblea. La Commissione non riuscì a rispettare neanche la seconda scadenza, quella del 15 novembre. Si decise così di imporre alla Commissione una nuova programmazione dei lavori, la quale riguardava in particolare la Seconda Sottocommissione, quella più indietro sui lavori. L’Assemblea Costituente aveva nominato una Commissione per la Costituzione, con presidente Ruini e composta da 75 membri, ma la Commissione era a sua volta suddivisa in tre sottocommissioni:
diritti e doveri dei cittadini, presieduta da Umberto Tupini (DC);
organizzazione costituzionale dello Stato, presieduta da Umberto Terracini (PCI);
rapporti economici e sociali, presieduta da Gustavo Ghidini (PSI).
Tornando a noi, avendo la Seconda Sottocommissione una mole di lavoro più complessa e articolata delle altre, si decise di ripartire la competenza a due distinte Sezioni, seguendo la proposta avanzata da Cappi e appoggiata da Terraccini e da Rossi (Ugo De Siervo (a cura di), Verso la nuova Costituzione, Bologna, Il Mulino, 1980, p. 23). Le tematiche relative al potere giudiziario e alla Corte delle garanzie costituzionali vennero affidate alla Seconda Sezione. La Seconda Sezione era composta da Bocconi, Bozzi, Calamandrei, De Michele, Di Giovanni, Fabbri, Laconi, Leone, Mannironi, Patricolo, Porzio, Ravagnan, Rossi e Perassi, ed era presieduta da Conti, e Ambrosini ne era il segretario. La Sezione si apre con una discussione sul potere giudiziario, nella quale fu Piero Calamandrei a relazionare per primo. Tale intervento si intitola Sul potere giudiziario e sulla Suprema Corte Costituzionale. Di seguito riportiamo un estratto delle Avvertenze preliminari fondamentali per comprendere il lavoro della Seconda Sezione:
«1. — Gli articoli che seguono non costituiscono proposte; ma soltanto pongono una base di discussione, cioè una enunciazione di problemi concreti, la cui portata pratica si scorge più chiaramente quando si cerchi, come qui si è tentato, di racchiuderne la soluzione in formule di legge. Per questo molte di queste disposizioni sono accompagnate in parentesi da un interrogativo, per far intendere che la soluzione proposta ha carattere dubitativo e ipotetico, ed ha solamente lo scopo di far rilevare l’esistenza del problema. Il relatore si riserva di esporre oralmente alla Sottocommissione i dubbi che egli ha su alcune delle soluzioni qui formulate.

  1. — Probabilmente molte delle disposizioni qui formulate troveranno la loro miglior collocazione in altre parti della Costituzione: come ad esempio gli articoli 9, 10, 11 i quali, invece che sotto il titolo del potere giudiziario, potranno esser collocati più opportunamente sotto il titolo dei diritti di libertà.
  2. — La formulazione di molte di queste disposizioni è troppo minuziosa e diffusa per corrispondere allo stile conciso e generico che è meglio appropriato ad una carta costituzionale. Nella formulazione definitiva gli articoli dovranno quindi essere semplificati e sveltiti, e molte disposizioni dovranno essere trasferite nella Legge sull’ordinamento giudiziario o nella Legge sulla Suprema Corte costituzionale, indispensabile complemento della Costituzione.
  3. — È sembrato indispensabile riassorbire nella Costituzione i principî fondamentali della legge 20 marzo 1865 che abolì il contenzioso amministrativo e delle leggi successive che hanno dato vita alla giustizia amministrativa. Questi principî hanno indubbiamente carattere costituzionale, e la Costituzione li deve far propri (anche, eventualmente, modificandoli), e non lasciare che rimangano in vigore al di fuori di essa leggi che sono state tappe di una evoluzione costituzionale oggi conclusa e superata.
  4. — Nella formulazione schematica della competenza della Suprema Corte costituzionale sono richiamate per amor di simmetria materie che non rientrano tra i temi di studio affidati alla seconda Sottocommissione: e che dovranno necessariamente dar luogo a discussioni di fronte alle altre Sottocommissioni (per esempio il tema della tutela individuale dei diritti di libertà, quello del controllo costituzionale sui partiti o del controllo sulla stampa, ecc.)» (https://www.nascitacostituzione.it/05appendici/01generali/00/02/08-calamandrei.htm).
    Calamandrei sottolineò come si sia preferito formulare una serie di articoli allo scopo di agevolare la discussione sulla struttura dell’ordinamento giudiziario e di abbondare nella stesura di norme concrete pur essendo chiaro che alcune sarebbero state scartate dalla Costituzione, poiché certamente non poteva accoglierle tutte (I. Farnetani, Pediatri e medici alla Costituente, Cento, Editeam, 2006, pp. 14, 16, 17). I trentasei articoli proposti sono suddivisi in due gruppi:
    dal 1° al 26° riguardano il potere giudiziario;
    dal 27° al 36° riguardano la Corte Costituzionale.
    I primi ventisei a loro volta sono suddivisi in tre gruppi: norme sui principi generali e sulla natura giuridica e politica del potere giudiziario, sui rapporti del potere giudiziario con gli altri poteri, sui diritti dei cittadini nei confronti del potere giudiziario. In prima istanza si dichiara la statualità della giustizia: «Il potere giudiziario appartiene esclusivamente allo Stato, che lo esercita a mezzo di giudici indipendenti, istituiti e ordinati secondo le norme della presente Costituzione e della legge sull’ordinamento giudiziario. Le sentenze e gli altri provvedimenti dei giudici sono resi in nome della Repubblica». Al magistrato viene riconosciuto un potere di controllo in materia di costituzionalità della legge da interpretare e applicare. Si sancisce inoltre la irretroattività della legge penale e l’abolizione della pena della pena di morte. Vengono poi proposti due nuovi istituti:
    il risarcimento delle vittime di errori giudiziari;
    l’abolizione di ogni restrizione per la produzione in giudizio di documenti a scopo probatorio.
    Venne inoltre previsto il divieto di istituire tribunali speciali per fatti già accaduti, l’eliminazione delle giurisdizioni speciali. Si stabilì poi l’unicità della Costituzione.
    Al giudice ordinario venne inoltre riconosciuta la competenza in tema di dissidio fra cittadini e la pubblica amministrazione.
    Centrale in tutta la relazione di Pietro Calamandrei fu l’indipendenza della funzione della magistratura, Art. 2: «I giudici nell’esercizio delle loro funzioni dipendono soltanto dalla legge, che essi interpretano ed applicano al caso concreto secondo la loro coscienza, in quanto la riscontrino conforme alla Costituzione. La stessa indipendenza hanno i magistrati del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e delle altre funzioni ad essi demandate dalla legge». Tale indipendenza è garantita dall’autogoverno della magistratura, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), il quale ha piena competenza su tutti gli atti amministrativi relativi allo stato giuridico degli appartenenti all’ordine giudiziario, all’esercizio della giurisdizione disciplinare e alla deliberazione delle spese per il finanziamento della giustizia.