Al di qua del sole

di


Piccoli prigionieri incolpevoli dietro le sbarre

Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al 31 luglio 2023 sono 19 i bambini innocenti che vivono la propria vita in carcere insieme alle loro mamme detenute.
In un editoriale pubblicato l’11 gennaio sulla rivista Lancet, dal titolo: Children living with incarcerated mothers: invisible, undocumented, and neglected,
emerge un quadro poco chiaro perché, come dice il titolo dell’articolo, i bambini che vivono in carcere insieme alle loro madri sono quasi sempre invisibili e negletti e di loro si sa davvero poco.

Sempre secondo Lancet, i dati sul numero di donne gravide incarcerate non sono attendibili, così è difficile stabilire con certezza quanti siano i bambini che nascono in carcere e che si ritrovano spesso senza documento di identità, quindi invisibili.

Nell’articolo 3 della Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia si legge:
”[…] in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle attività amministrative degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutor o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi amministrativi appropriati […]”.
Tuttavia, gli orientamenti legislativi sulla permanenza dei bambini in carcere sono molto divergenti tra i vari Paesi.
In Francia i bambini rimangono carcere fino ai 18 mesi, ma, su richiesta della madre si può avere una proroga fino ai 24 mesi.
In Olanda in carcere l’età limite è dai 6 ai 9 mesi.
In Germania tale età è fissata ai 6 anni.
In Svezia l’ordinamento penitenziario non prevede la presenza di bambini all’interno delle carceri e non sono previste norme particolari per le madri detenute.
In italia sono ammessi nelle carceri bambini fino a 3 anni, anche se la legge 62/2011 stabilisce che una mamma con figli da 0 a 6 anni non dovrebbe mai andare in carcere, tranne per esigenze cautelari particolari.
Le misure alternative sarebbero rappresentate dalle case famiglia protette o, per i reati più gravi, gli ICAM (Istituti di Custodia Attenuata per Madri). Si tratta di istituti penitenziari a tutti gli effetti, ma con spazi e strutture concepiti per ridurre l’impatto del bambino con il carcere.
Attualmente gli ICAM sono 5: Milano, Venezia, Torino, Avellino Lauro e Cagliari.

Il carcere è una realtà del tutto diversa dal mondo esterno: l’ambiente innaturale, coercitivo e monotono caratterizzato da sbarre, cancelli, catenacci, luci sempre accese, continui rumori, gesti ripetitivi, mancanza di spazi e di stimoli adatti rappresentano un impedimento all’acquisizione dell’autonomia e al normale sviluppo psico-affettivo del bambino. Anche l’assenza di altri modelli familiari di riferimento alterano il normale sviluppo affettivo. In particolare l’assenza della figura paterna, fondamentale per lo sviluppo del bambino al pari della madre, è limitata ad alcune sporadiche visite, per di più inserite in un ambiente controllato e affettivamente asettico. Queste limitazioni espongono i bambini alla cosiddetta “sindrome da prigionia” caratterizzata da irrequietezza, frequenti crisi di pianto, inappetenza, difficoltà ad addormentarsi e riaddormentarsi a causa dei bruschi risvegli durante il sonno. Più a lungo termine possono invece manifestarsi difficoltà a gestire le emozioni, senso di sfiducia e inadeguatezza, tardivo progresso linguistico e motorio, deficit di QI, sviluppo di condotte aggressive auto ed etero dirette
Lo psicoanalista Renè Spitz sosteneva che i bambini che hanno subito l’esperienza precoce del carcere e la successiva separazione dalla madre sviluppano un rischio di devianza superiore alla norma.
L’ambiente carcerario diventa dunque non adatto ai bambini, specie per coloro che non possono frequentare l’asilo nido esterno, che risulta molto utile per lo sviluppo psicofisico dei bambini, poiché gli consentirebbe, almeno per mezza giornata ,di uscire dal penitenziario, di frequentare il gruppo dei pari e di evitare che si instauri un legame di attaccamento troppo simbiotico e morboso con la figura materna.
È fondamentale, dunque, che ci sia una maggiore conoscenza del tema e degli effetti a breve e a lungo termine della reclusione dei bambini con le madri.
Visto che le leggi che tutelano la relazione madre-bambino all’interno dell’istituzione penitenziaria contengono ancora molte lacune e aspetti irrisolti, i legislatori dei vari Paesi dovrebbero pensare a soluzioni concrete: ridurre al minimo gli effetti negativi che accompagnano questa esperienza per la madre e per il bambino, restituendogli la giusta visibilità e dignità di bambini incolpevoli dietro le sbarre. Il bambino ha diritto di veder sorgere la propria vita oltre le sbarre, in un ambiente sereno ed esplorare il mondo nel modo più gioioso possibile.