La sentenza della Cassazione e il femminicidio: Stress e capacità di intendere e volere.

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La pandemia e le attenuanti generiche: Un’analisi delle condizioni psicologiche e delle strategie di coping nei casi di delitti sotto stress.

Una recente sentenza della Cassazione ha recesso la condanna per ergastolo a un uomo autore di femminicidio. Le attenuanti generiche sono state concesse in quanto “La pandemia favorì lo stato di agitazione dell’assassino”.

Le condizioni che consentono l’infermità mentale includono il soffrire di una patologia psichiatrica grave che compromette in modo significativo le capacità cognitive e volitive del soggetto che ha compiuto un atto delittuoso.

La diminuita capacità di intendere e di volere è ridotta a seguito di una malattia, di un disturbo mentale, di un disturbo di personalità o altro. Uno stato di intossicazione o alterazione psichica possono temporaneamente inficiarla se il periziando ha agito sotto l’influenza di sostanze che ne hanno alterato momentaneamente le capacità cognitive e volitive.

Sono altresì considerate in corso di valutazione della capacità di volere i disturbi dell’età evolutiva, i già suddetti disturbi di personalità e il trauma psichico.

Lo stress è una condizione comune all’essere umano e riguarda la sfera di vita quotidiana di ciascun individuo. Dinnanzi alle differenti situazioni una persona reagisce all’ambiente a seguito di una valutazione primaria che consente di identificare la presenza o meno di una minaccia, e di una valutazione secondaria che sarà conseguente alle capacità possedute dall’individuo di far fronte alle eventuali minacce identificate e alla sua capacità di rispondere alla sfida.

Le strategie di coping consistono in tutti quei comportamenti messi in atto dagli individui per cercare di tenere sotto controllo, affrontare o minimizzare conflitti, situazioni o eventi stressanti. Alla base dell’autoregolazione e dell’autocontrollo relativi agli stati emozionali ci sono proprio i processi di coping e sono distinti da azioni dirette sull’interazione della persona con l’ambiente e da processi intrapsichici.

Questi elementi danno donde del come e del perché lo stress non debba e non possa essere considerato un’attenuante alla capacità di intendere e di volere di un individuo, in quanto le cause che vanno a identificare la scelta e la tipologia di azione dinnanzi a una situazione stressogena dipendono da delle caratteristiche intrinseche all’individuo stesso. È inoltre essenziale considerare che la quantità e la tipologia della situazione problematica o della minaccia che un individuo percepirà sarà dipendente dalla stima dei propri potenziali di coping e si baserà sulle caratteristiche più stabili come il temperamento e la personalità, oltre che sulle informazioni provenienti dall’ambiente esterno e dalle esperienze precedenti. Nuove informazioni possono condurre ad una rivalutazione o “reappraisal” della situazione, con conseguente variazione dello stato emotivo.

Se l’individuo non si sente in grado di fronteggiare un pericolo esterno, la minaccia di tale pericolo cagionerà ansia coi suoi correlati fisiologici andando a instaurare una sequenza circolare che produrrà livelli sempre più elevati di stress. Ogni qualvolta un pensiero conduce a un’azione o a un altro pensiero concomitantemente ad esso, emerge un’emozione nei confronti dell’evento che l’ha suscitato. Tutto ciò indica come pensiero, razionalità ed emotività non siano assolutamente disgiunti né opposti. Sarà il modello o i modelli che avremo privilegiato come riferimenti per i nostri comportamenti che potranno consentirci o meno di percepire e quindi riconoscere meglio le nostre sensazioni o emozioni.

Una volta attivata dai nostri sistemi cognitivi, l’emozione coinvolgerà strutture biologiche e strutture comportamentali che, in stretta sinergia, gestiranno o meno l’evento o la situazione fonte dell’attivazione.