La vecchiaia: terza, quarta e quinta età

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A CHE PUNTO E’ LA CULTURA?

Si è creato molto ma esiste un problema trasversale ed universale: la carenza di una competenza specifica alla educazione interprofessionale che colpisce la pletora delle professioni sanitarie e sociali già esistenti rendendole inefficienti. I diversi sistemi per l’erogazione di cure socio-sanitarie in Europa vengono orientate alle stesse sfide attraverso documenti di indirizzo di estremo valore, priorità ed azioni.
Quello che in modo sostanziale accade tra il vecchio e il nuovo è un vuoto di testimonianze di cure erogate in modo appropriato, cure che sono dichiarate inefficaci senza mai aver applicato quanto arte e coscienza detta nel socio-sanitario. Questo al di là di sistemi di gestione frammentari.
In che consiste questo vuoto? Carenza di cultura specifica degli strumenti di cura nell’ambito socio sanitario, strumenti ampiamente messi a conoscenza da parte della comunità europea e scientifica internazionale. Le nazioni continuano ad adottarli in modo frammentario e nell’ambito della stessa nazione esistono ulteriori frammentazioni. Questo induce l’impossibilità di avere dati sull’andamento dei bisogni di cura a lungo termine della popolazione anziana, disabile e fragile e di poter allocare spese eque sulla base di una classificazione dei livelli di gravità della disabilità. Quando si parla di cultura socio sanitaria specifica si deve tenere presente che non è rappresentata dalla somma di leggi sociali e di quelle sanitarie ma è rappresentata da strategie e politiche uniche e specifiche all’interrelazione tra tutela sociale e sanitaria della salute. Ne conseguono strumenti e metodi specifici di valutazione dei bisogni e di cura.
Se frammentari sono i sistemi di valutazione del bisogno di cure a lungo termine è anche frammentaria la formazione, la quale risponderà a bisogni frammentari di contesto sempre basati sull’urgenza e non sulla programmazione e progettazione. Un sistema disaccoppiato genera ulteriore diminuzione della qualità della salute e dei servizi.
Da qui possiamo analizzare la definizione di personalizzazione delle cure: porre al centro il malato significa che lo stesso è circondato dalle cosiddette equipe multidisciplinari, le quali non hanno tra le varie competenze quella essenziale all’educazione interprofessionale. Competenza data da una specifica metodologia. Finche le professioni sociali e sanitarie non si riconosceranno e rispetteranno a vicenda nelle co-responsabilità di cura, che sono il valore aggiunto di una equipe, non si andrà avanti. Pertanto, creare nuove figure porta a maggiore confusione e minore qualità di cura. La personalizzazione delle cure che già ha generato diverse figure professionali deve adesso garantire la cultura interprofessionale. Solo su basi qualitative si potranno negoziare condizioni economiche e contratti, essenza di nuove e innovative sfide sindacali. Questo è porre il malato al centro quando si parla di umanizzazione delle cure: umanizzazione = competenza interprofessionale. Gli strumenti esistono.
Nel vuoto istituzionale si inseriscono le assicurazioni che coniugano una analisi dei bisogni della popolazione anziana suddivisa in pacchetti assicurativi correlati al livello di intensità dei bisogni da soddisfare. Inoltre, si aggiungono forme di sicurezza e tutela delle cure attraverso l’uso di tecnologie assistive nel proprio domicilio che coinvolgono sia la persona interessata che i propri cari e/o la persona che ne prende cura. Si riempiono dei vuoti istituzionali ma non abbiamo rintracciabilità codificata degli esiti in termini di salute.
Le cure a lungo termine nel sistema nazionale non sono equamente contenute nei LEA (Livelli essenziali di Assistenza).
La principale sfida consisterà nell’individuare le modalità per organizzare e negoziare, su condizioni culturali interprofessionali, le basi economiche e lavorative delle categorie di operatori socio-sanitari esistenti. Poi ci si potrà proiettare nelle nuove figure.
La spinta ad adottare tecnologie di sorveglianza nelle case di cura e nel proprio domicilio è quindi in gran parte guidata dal loro immaginario beneficio futuro per la prevenzione e il miglioramento della qualità attraverso l’identificazione più tempestiva degli eventi avversi e la personalizzazione dell’assistenza nel contesto di una diffusa carenza di personale.