A CHE PUNTO SIAMO?

di


La vecchiaia: terza, quarta e quinta età.

Partiamo dalle Linee guida dell’OMS essenziali ad identificare gli elementi per costruire qualità di vita (i cittadini anziani attivi per l’Europa: Una guida per l’UE – AGE Platform Europe, 2013) per arrivare al 9 marzo 2021 data in cui la Commissione europea ha presentato una visione e prospettive per la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030.

La Commissione propone una bussola digitale per il decennio digitale dell’UE che si sviluppa intorno a quattro punti cardinali: competenze, infrastrutture, governo, imprese.

MA COME STIAMO ANDANDO?
Si parla di nuovi servizi perché i vecchi servizi hanno disatteso qualità.
Si parla di nuove categorie di operatori perché i vecchi operatori hanno disatteso competenze.
Si parla di sistemi residenziali che hanno disatteso qualità e di nuovi sistemi residenziali.
Si parla di gestire la salute nel proprio domicilio.
Si parla di tecnologie: tecno-assistenza, telemonitoraggio e telemedicina.
Temi questi che dagli anni ‘80 ad oggi in modo progressivo sono al centro di dibattiti correlati alla disabilità e alla fragilità.
In un mondo in cui le malattie rare, la cronicità, la salute mentale impegnano i servizi sanitari nazionali è necessario rinnovare il sistema non solo nei servizi nelle strutture, nella tecnologia, ma ancora e fondamentalmente nella cultura, aggiornando le competenze dei professionisti, sviluppando le capacità dei pazienti e di tutti gli attori del percorso di cura, ognuno responsabilmente coinvolto in modo proattivo e partecipato.
In un Paese che invecchia, lo sviluppo del welfare e dell’economia a esso legata ha non solo una ricaduta sociale ma anche economica. Insieme al settore digitale e tecnologico, oggi la “White Economy” si afferma rappresenti uno dei mercati maggiormente in grado di impiegare i giovani laureati italiani perché richiama l’ormai imponente insieme di risorse e attività orientate alla soddisfazione dei bisogni di salute individuali e della popolazione.

Parliamo quindi di tutto il mondo economico che gira intorno ai sistemi di cura, assistenza, previdenza e qualità della vita, in un assetto demografico occidentale condizionato dall’invecchiamento progressivo della popolazione, dalla denatalità e dalla contrazione del sostegno familiare e sociale al bisogno.
In epoca di grandi e accelerati cambiamenti e di conseguente ridefinizione del concetto stesso di benessere, vivere in salute per più tempo possibile rimane comunque un interesse assolutamente prioritario.
La White Economy viene fondamentalmente tradotta come tutto ciò che afferisce all’offerta di prestazioni mediche e sanitarie di prevenzione, diagnosi, riabilitazione e cura per persone disabili, malate, anziane, o in salute, presso strutture ospedaliere, territoriali, domiciliari, riabilitative o in apposite residenze sanitarie, sia di sfera pubblica sia privata. UN MEGA settore che nel rispetto della centralità della persona deve preservare il diritto alla vita, il diritto alla salute e all’integrità fisica, quello alla libertà da procurarsi e mantenere con il proprio lavoro.

Ne deriva che la White Economy non può non coniugare i princìpi della responsabilità etica, a quelli dell’economia efficiente. Se la buona economia è quindi far rendere al meglio il poco, se la giusta finanza serve il profitto per averne anche una redistribuzione sociale, l’etica in questo campo si configura come saper fare la scelta giusta in nome di valori e norme di interesse comunitario.
Diverse generazione dovranno affronterà ancora queste parole.