Intervista a Beatrice Covassi, Europarlamentare PD

di


Sta per finire il mandato come Europarlamentare del PD di Beatrice Covassi. Fiorentina di nascita, vanta una carriera professionale e politica più che ventennale, sempre all’insegna di un’idea di Europa. Ha ricoperto la carica di Primo Consigliere d’ ambasciata presso la Delegazione dell’UE a Washington, negli Stati Uniti, come responsabile del portafoglio economia digitale e cybersicurezza transatlantica.

Da diplomatica ha ricoperto, fra l’altro,anche il ruolo di capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea e successivamente ha lavorato come diplomatica dell’Unione europea presso la Delegazione UE a Londra, nel Regno Unito, creata dopo la Brexit.

Come è stata la sua esperienza lavorativa in Europa?

L’Europa è stata una parte fondamentale della mia vita professionale e personale. Ho lavorato per oltre 20 anni come diplomatica e civil servant dell’Unione Europea. Diventare parlamentare europea mi ha permesso di utilizzare appieno le mie competenze in un contesto politico che oggi ha un bisogno urgente di leadership efficace. Il Parlamento Europeo, unica istituzione eletta direttamente dai cittadini, svolge un lavoro straordinario per promuovere democrazia e trasparenza, adottando leggi con il bene comune dei popoli dei 27 Stati membri come primo obiettivo. È un peccato che l’Italia sappia ancora poco del ruolo cruciale del Parlamento Europeo nel migliorare la vita quotidiana delle persone.

Quali le principali sfide che l’Unione europea deve affrontare?

L’Unione Europea si trova ad affrontare diverse sfide cruciali per il suo futuro. Una delle più importanti è la costruzione di una politica estera e di difesa comune, per garantire sicurezza e stabilità all’interno e all’esterno dei confini europei. Un’altra sfida fondamentale è la promozione di un’Europa sociale più equa, in grado parlare con una voce singola che garantisca diritti e opportunità a tutti i cittadini.

Infine, la transizione verde e digitale rappresenta un obiettivo chiave, con la necessità di sviluppare una strategia industriale solida e investimenti a lungo termine per sostenere la crescita sostenibile e l’innovazione tecnologica.

Quale è la sua opinione sull’adozione di un sistema del premierato in Italia?

Sono favorevole a riforme che rafforzino la governabilità del Paese. Nel Partito Democratico ci sono state proposte in senso presidenziale e attualmente si discute un modello simile al cancellierato tedesco. Tuttavia, il “premierato” proposto da Meloni implica un cambiamento radicale, portando l’Italia verso un sistema unico al mondo dove il Presidente del Consiglio è eletto direttamente dai cittadini, un esperimento che solo Israele ha adottato per pochi anni con scarsi risultati in termini di stabilità e governabilità.

Il premierato proposto sconvolge l’equilibrio costituzionale, concentrando troppo potere in una sola persona e compromettendo il bilanciamento tra i poteri dello Stato. Questo sistema ridurrebbe il Parlamento a un ruolo marginale e svuoterebbe di significato il potere legislativo, lasciando i cittadini senza un’effettiva possibilità di influire sulla scelta dei parlamentari. Inoltre, l’elezione diretta del premier indebolirebbe il ruolo del Presidente della Repubblica, limitandone i poteri fondamentali e trasformandolo in una figura puramente notarile, incapace di fungere da Arbitro nelle crisi politico-istituzionali.

La proposta di Meloni, concentrando il potere esecutivo, rischia di instaurare una “capocrazia”senza adeguati contrappesi, potenzialmente portando a instabilità anziché maggiore Governabilità. In Europa, i governi più stabili, come quelli di Germania e Spagna, sono parlamentari e rispettano la centralità del Parlamento. Cambiare la Costituzione non dovrebbe avvenire a colpi di maggioranza, ma attraverso un dialogo costante con l’opposizione.
La Costituzione è un patrimonio comune da rispettare e difendere, non da stravolgere per vantaggi politici temporanei.

Un sistema di premierato potrebbe influenzare la posizione di un paese membro all’interno delle istituzioni europee?

Ogni Stato membro è libero di adottare la propria forma di governo.

Tuttavia, in un’ottica europea, e’ fondamentale preservare l’equilibrio tra i poteri e i principi fondamentali di uno stato di diritto ,come l’indipendenza della magistratura e la libertà di stampa. Con la proposta attuale di Premierato, si rischia di avere un Presidente del Consiglio molto forte, con un Parlamento e un Presidente della Repubblica più deboli e con poteri limitati. Questo potrebbe portare a un rischio significativo di autocrazia.

Ritiene che il premierato potrebbe facilitare o complicare la cooperazione tra i paesi Membri dell’UE? Perché?

Il sistema di premierato non facilita né complica la cooperazione tra i paesi membri dell’UE. Nel Consiglio Europeo siedono capi di stato e di governo, a seconda della forma di governo del Paese. Nessuno è più legittimato degli altri. L’autorevolezza in Europa si conquista con serietà e competenza sui tavoli negoziali, non con plebisciti.

L’autonomia differenziata come potrebbe influenzare il funzionamento delle Regioni?

La riforma Calderoli è profondamente divisiva, ispirata agli obiettivi secessionisti della Lega Nord, e rischia di creare disuguaglianze tra le regioni. Servizi essenziali di welfare, che la Costituzione considera diritti di tutti i cittadini, potrebbero variare notevolmente da regione a regione. Inoltre, un’eccessiva autonomia nei rapporti con l’Europa e nel commercio potrebbe frammentare il Paese, danneggiando sia l’Italia che l’Europa. La riforma acuisce i divari anziché colmarli, penalizzando anche le regioni più ricche che scontano la “spaccatura” dell’Italia.

Quali misure ritiene necessarie per garantire che l’autonomia differenziata non crei diseguaglianze tra le regioni?

Per evitare diseguaglianze tra le regioni, è essenziale garantire che i Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP), stabiliti dalla Costituzione, siano uniformemente assicurati a tutti i cittadini. Penso in particolare alla sanità pubblica e al ruolo fondamentale dell’Unione della Salute nel preservare questo diritto essenziale.

Attualmente, questi LEP sono lontani dall’essere garantiti in modo equo, e l’Autonomia differenziata rischia di accentuare i divari esistenti. Dobbiamo colmare questi divari per evitare che la frammentazione penalizzi non solo le regioni meno sviluppate, ma anche quelle più ricche, compromettendo l’unità e la coesione del Paese. Solo un’applicazione rigorosa e uniforme dei LEP potrà preservare l’equità e l’unità nazionale.