Intervista all’on. Mauro Malaguti (FdI) membro della Commissione agricoltura
Lei è componente della Commissione agricoltura della Camera dei deputati e coordinatore regionale Emilia Romagna del Dipartimento agricoltura di Fratelli d’Italia, oltre ad essere originario di una provincia come Ferrara prevalentemente a vocazione agricola, gli agricoltori hanno recentemente manifestato a Bruxelles, e in tutto il nostro paese, per lamentare una crescente difficoltà del comparto, quali sono i motivi?
L’agricoltura patisce fondamentalmente due grandi problematiche: i cambiamenti climatici, con la tropicalizzazione delle nostre regioni; e alcune direttive europee mosse da una ideologia green – la cosiddetta Green deal – che vede gli agricoltori come nemici dell’ambiente e, non tenendo conto delle differenze tra nord e sud del continente, danneggiano essenzialmente proprio le principali nazioni a vocazione agricola, ricordando che il nostro paese non ha eguali al mondo per biodiversità.
Ma i cambiamenti climatici, evidentemente in corso, come influiscono sulle nostre eccellenze.
Le produzioni agricole si stanno spostando a livello longitudinale. Io vengo da una regione in cui le eccellenze erano i frutteti, oggi con i periodi di siccità, le gelate precoci, le grandinate, i fortunali con ‘bombe d’acqua’ e le invasioni di animali alloctoni, come la cimice asiatica o nuovi funghi particolarmente virulenti, molti agricoltori dopo i danni subiti hanno cominciato a espiantarli. Nei paesi dell’est, dove cinquant’anni fa non si riusciva a produrre frutta perché con gli inverni a meno 40 gradi le piante esplodevano, oggi con le stagioni più miti è possibile.
Quindi cosa si può fare per contrastare questo processo?
Occorre innanzitutto investire in ricerca per coltivare piante, anche seminativi, più resistenti ai cambiamenti in corso e trovare agrofarmaci più adatti alla loro salvaguardia. E qui veniamo al secondo grande problema del comparto: l’Europa ‘verde’. Entro il 2030 l’Europa vorrebbe ridurre di almeno il 50% l’uso dei fitofarmaci in agricoltura; di almeno il 20% l’uso di fertilizzanti a base fosforo e azoto; di almeno il 50% l’uso degli antimicrobici negli allevamenti; incrementare la superfice destinata a produzioni biologiche in modo che al 2030 rappresenti almeno il 25% dell’intera superfice agricola europea; inoltre, dal primo gennaio 2024, almeno il 4% delle terre coltivate deve essere messo a riposo come Ecological focus area (EFA). Se a una maggiore sofferenza delle piante si risponde con una diminuzione di agrofarmaci il risultato è lo stesso che se a un paziente con patologie gravi si riducono i farmaci ‘salvavita’.
Ma almeno ci saranno benefici dal punto di vista ambientale?
Il grande paradosso è proprio questo, che non ci saranno nemmeno quelli. Oggi molti dei nostri prodotti sono a ‘residuo zero’, ossia quando vengono consumati non hanno alcun residuo di agrofarmaci, quindi non comportano nessun danno alla salute. Inoltre, le quote di produzione che perderemo nel mercato interno e nelle esportazioni, verranno sostituite da prodotti provenienti anche da altri continenti, come la Cina e il sud America, molto meno controllati dei nostri poiché da loro si usano agrofarmaci a noi già vietati. Infine, venendo da migliaia di chilometri di distanza, producono molte più emissioni nocive a livello globale. Il Brasile, ad esempio, uno dei principali player agroalimentari mondiali con una quota in UE del 12% delle importazioni, registra un progressivo aumento dell’inquinamento.
Quali dunque le strategie del governo Meloni per dare una risposta al mondo agricolo?
Innanzitutto un cambio di mentalità dettato dal ministro Francesco Lollobrigida – da portare anche a Bruxelles – che torni a guardare agli agricoltori come primi custodi, e non nemici, della terra. Poi il potenziamento della competitività delle imprese agroalimentari, con risorse stanziate nel Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nel PNRR e nel Fondo complementare al PNRR, oltre a un lungo elenco di altri fondi per finanziare interventi più settoriali. Ultimo partorito il ‘Decreto Agricoltura’ che oltre a dedicare altri fondi per le emergenze, prevede una moratoria di 12 mesi sui mutui per le aziende che hanno registrato una riduzione del volume di affari di almeno il 20% dell’anno precedente.
AGRICOLTURA, NUOVE SFIDE
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